"Pause umanitarie" nella guerra fra Hamas e Israele per mostrare al mondo un'unità di intenti soltanto apparente. I 27 leader dell'Ue dopo una lunga e tormentata trattativa riescono a trovare in zona Cesarini un'intesa che permette a Bruxelles di non franare totalmente sulla questione mediorientale. Alla fine, a prevalere, è la terminologia delle "pause umanitarie", particolarmente caldeggiata da Italia e Germania e lanciata per evitare qualsiasi rischio di interpretazione: non si tratta di cessate il fuoco. Un cessate il fuoco che lo spagnolo Pedro Sanchez aveva chiesto con una certa insistenza, affiancato dall'Irlanda. Folto anche il gruppo dei paesi che chiedeva una "pausa", al singolare, umanitaria. Entrambe le opzioni, alla fine, sono decadute. Ma il premier iberico, pressato dalla sinistra di Sumar in un momento decisivo per la formazione del governo, ha ottenuto il "sostegno" dei leader ad una conferenza di pace internazionale da tenersi nel medio periodo. Nel confermarsi al fianco di Israele, i Ventisette si proclamano comunque impegnati a lavorare per sconfiggere Hamas, scongiurare l'escalation e aprire la strada a una soluzione a due Stati. Per farlo, è stato il suggerimento della premier Giorgia Meloni, servirà allora dare "concretezza alla questione palestinese" e "maggiore peso all'Anp". I leader si siedono al tavolo cominciando a parlare di Ucraina. Ma, subito dopo, si passa al dossier Medio Oriente.
L'ultima bozza sul tavolo recita "pause umanitarie" per Gaza. L'intesa sembra in dirittura d'arrivo. Ma lo scontro, animato da Madrid, si riaccende. Sanchez, che guida la presidenza di turno dell'Ue - chiede di andare oltre, proponendo un cessate il fuoco immediato. Una linea rossa posta che riaccende le "sensibilità diverse" tra i Ventisette, rischiando di far saltare l'intero tavolo. A fare campagna per una formula più forte nel testo finale, il più possibile vicina alla richiesta di cessate il fuoco è schierata anche l'Irlanda. Sul fronte opposto è però ferma la posizione della Germania, sostenuta anche dall'Austria e dall'Italia. Vedute per ad un tratto appaiono inconciliabili diventando anche un assist per chi instilla dubbi sulla credibilità dell'Ue in un momento definito dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel "cruciale dal punto di vista geopolitico" per trovare e mostrare "un'unità" chiamata a rappresentare "la forza" del continente anche "nei rapporti con il Sud Globale". Alla fine, di fronte allo spettro di un nulla di fatto che, secondo diversi Paesi, sarebbe stato "un disastro diplomatico", i 27 ritrovano un barlume di unità. Sanchez fa un passo indietro sul cessate il fuoco. Nel testo però i 27 si dicono pronti "a contribuire alla rivitalizzazione del processo politico sulla base della soluzione a 'due Stati' e supportano "l'istituzione di una conferenza internazionale di pace da tenersi presto. La tensione a Bruxelles si allarga anche oltre le mura dell'Europa Building. Alla vigilia del summit, un giornalista palestinese rifugiato in Belgio aveva annunciato ai colleghi la volontà di darsi fuoco per protestare contro il silenzio dell'Europa su Gaza. L'uomo è poi stato raggiunto dai servizi diplomatici che lo hanno dissuaso dal gesto. Nel frattempo, a sera, fuori dal Consiglio europeo in centinaia chiedono qualcosa che per ora, per l'Europa, resta un tabù: "il cessate il fuoco subito".