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Scontro Erdogan-Netanyahu, Blinken vede alleati arabi

Turchia: 'Premier non è interlocutore'. Israele: 'Ankara con Hamas'

Blinken ad Amman

Redazione Ansa

Un duro botta e risposta a distanza è andato in scena tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier israeliano Benjamin Netanyhu sullo sfondo della guerra in corso a Gaza, mentre il segretario di Stato americano Anthony Blinken si prepara essere ricevuto proprio dal leader turco, ad Ankara, dopo aver incontrato ad Amman e in Oman quasi tutti i leader dei paesi arabi alleati degli Stati Uniti.
    Per chiare esigenze di consenso interno in uno dei più influenti paesi musulmani del Mediterraneo, Erdogan ha annunciato di aver richiamato per consultazioni l'ambasciatore in Israele, affermando che Netanyahu, a capo di un governo che non intende per il momento fermare l'offensiva sulla Striscia di Gaza, "non è più una persona con cui parlare: ha perso il sostegno dei suoi cittadini, quello che deve fare è fare un passo indietro e porre fine a questa situazione", ha tuonato il leader turco annunciando che Ankara farà di tutto per portare "le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra di Israele davanti alla Corte penale internazionale". La replica del governo israeliano non si è fatta aspettare: la decisione del governo turco di richiamare l'ambasciatore a Tel Aviv in patria "è un altro passo del presidente Erdogan per schierarsi con Hamas", ha detto il ministero degli esteri israeliano.
    Eppure, per stessa ammissione di Erdogan, Ankara continua ad avere rapporti con Israele: il capo dei servizi di sicurezza turchi, Ibrahim Kalin - ha detto il presidente turco - rimane in contatto con gli israeliani.
    Ad Ankara è in arrivo Blinken. Il segretario di Stato Usa, dopo aver ricevuto il rifiuto da Netanyahu alla proposta americana di tregue umanitarie a Gaza, si è consultato con i ministri degli esteri dell'Egitto, della Giordania e di quasi tutti i Paesi arabi del Golfo alleati di Washington: Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Oman e Qatar. All'appello sono mancati il Kuwait e il Bahrein. Quest'ultimo, con una popolazione largamente sciita e considerata potenzialmente filo-iraniana, nei giorni scorsi aveva preso una posizione più dura nei confronti di Israele.
    Durante la sua visita lampo in Oman, Blinken ha avuto il tempo di incontrare brevemente il premier uscente libanese, Najib Miqati, a capo di un governo di cui fanno parte ministri del partito armato filo-iraniano Hezbolllah che dall'8 ottobre ha aperto un fronte di guerra con Israele. Ad Amman, oltre ai consueti quanto vuoti appelli dei vari leader arabi per un "cessate il fuoco immediato" su Gaza per permettere "l'urgente consegna di aiuti umanitari", Blinken ha ricevuto dal Qatar, che svolge da settimane un ruolo di mediazione, la conferma che se si vuole procedere con i negoziati per la liberazione di alcuni ostaggi è necessario che cessino i bombardamenti israeliani sulla Striscia. Ma il segretario di Stato americano non si è sbilanciato, non ha parlato di cessate il fuoco ma ha ribadito la necessità di tregue umanitarie.
   

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