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Il governo Netanyahu spaccato sul piano per Gaza

Giovedì sera nel corso di una burrascosa seduta del gabinetto 'politico-di sicurezza'

Evacuazione di residenti a Gaza

Redazione Ansa

Sottoposto a forti pressioni internazionali per esprimersi sulla propria visione del futuro della striscia di Gaza, una volta rimosso Hamas dalla scena, il governo israeliano si è spaccato giovedì sera nel corso di una burrascosa seduta del suo gabinetto 'politico-di sicurezza'. Ad aprire una prima frattura fra l'establishment militare ed i ministri della destra ideologica è stata la presentazione alla stampa (prima ancora della consultazione ministeriale) del ministro della difesa Yoav Gallant di un complesso piano che prevede un coinvolgimento 'a quattro' nella ricostruzione della Striscia da parte dell'esercito israeliano, dell'Egitto, di una 'task-force' multinazionale e di una amministrazione locale palestinese.

Gli animi, già tesi, si sono ancora più esacerbati quando i ministri hanno appreso che il capo di Stato maggiore, il generale Herzi Halevi, aveva autorizzato l'avvio di indagini interne nell'esercito sulla conduzione della guerra. Ministri dell'ala radicale hanno alzato la voce (e non per la prima volta) nei suoi confronti, sospettando che l'obiettivo reale di Halevi fosse di addossare poi ai vertici politici la responsabilità del clamoroso fallimento del 7 ottobre. Questi ha replicato che si trattava solo di indagini sul comportamento tattico delle truppe. Il generale è stato difeso solo da Gallant e dal leader centrista Benny Gantz, un generale della riserva.

Ma il premier Benyamin Netanyahu - riferiscono con toni preoccupati i media - è rimasto in silenzio durante l'alterco. Poi ha interrotto la consultazione senza che venisse approfondito - come invece era in programma - il futuro assetto a Gaza. Il piano concepito da Gallant, assieme con i vertici militari, parte dal presupposto che al termine della guerra Hamas sia stato sconfitto. Le forze armate israeliane manterrebbero allora piena libertà di operazione nella Striscia.

All'Egitto sarebbe assegnato il ruolo di 'porta di ingresso' a Gaza di tutto quanto necessario per i suoi oltre due milioni di abitanti, mentre al confine di Rafah Israele impedirebbe tentativi di contrabbando. La ricostruzione materiale di Gaza sarebbe affidata ad una 'task-force' guidata dagli Usa, con la partecipazione di Gran Bretagna e Francia e forse di Paesi arabi moderati. Le necessità quotidiane della popolazione sarebbero gestite da una amministrazione locale non più succube di Hamas. In ogni caso sarebbe impedito ogni tentativo di insediamento ebraico. Gallant intendeva sottoporre queste idee al gabinetto 'politico-di sicurezza', ma le intemperanze dei ministri della destra radicale glielo hanno impedito. Due di loro - Bezalel Smotrich (finanze) e Amichai Eliahu (ministro per la tradizione - hanno già anticipato che intendono silurare quel progetto. A loro parere Israele dovrebbe piuttosto favorire il trasferimento 'volontario' dei palestinesi da Gaza.

"Dobbiamo spezzare il loro sogno nazionale" ha affermato Eliahu. In un secondo tempo, ha aggiunto Smotrich, Israele dovrebbe tornare ad insediarsi in parti della Striscia che fossero sgomberate. Pur sapendo che questo approccio è inaccettabile per gli alleati americani (che Gallant vorrebbe anzi coinvolgere nella futura gestione di Gaza). Netanyahu non ha espresso commenti.
Oggi Gallant, che secondo i media è ai ferri corti con Netanyahu, ha implicitamente criticato il premier quando ha chiesto ai compagni di governo di 'cessare di fare uso dell'esercito e dei suoi comandanti per i propri fini politici'.

Anche Gantz ha espresso grande preoccupazione: "Siamo impegnati nella guerra più dura della nostra storia, su fronti diversi - ha affermato. - Dobbiamo restare uniti come un pugno chiuso". Il disordine emerso nella consultazione, ha aggiunto, poteva e doveva essere evitato: "La responsabilità - ha concluso - è tutta del primo ministro. Che aggiusti le cose".

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