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Zelensky sfida Trump: 'Venga a Kiev e fermi la guerra'

'Se lo può fare in 24 ore come dice è il benvenuto in Ucraina'

Redazione Ansa

"Se può davvero fermare la guerra in un giorno, venga a Kiev e lo faccia". L'invito di Volodymyr Zelensky è ben lontano dalla cortesia e suona come una sfida di un uomo che non crede alle soluzioni facili. Il destinatario è Donald Trump, ex presidente americano - e favorito alla nomination repubblicana per le elezioni di novembre - che più volte ha sostenuto di avere la ricetta giusta per "trovare un accordo in 24 ore" sulla guerra. "Per favore, Donald Trump, ti invito in Ucraina", ha detto il presidente ucraino. "Forse ha una vera idea e può condividerla con me".

Quella di Zelensky non è un'uscita nuova, la polemica con Trump va avanti da mesi. Ma la sfida del leader ucraino comporta dei rischi, perché seppure relegate - per ora - agli slogan da campagna elettorale, le dichiarazioni di Trump svelano un chiaro disinteresse per la resistenza ucraina: il suo partito ha già messo i bastoni fra le ruote ai fondi destinati agli aiuti militari per l'Ucraina nel Congresso Usa. E il quasi certo candidato repubblicano ha già fatto intendere di voler chiudere - o quantomeno ridurre - i rubinetti americani per il Paese invaso dai russi, se fosse rieletto.

Intervenendo a Davos all'inizio di questa settimana, Zelensky ha provato ad allontanare i timori di un calo dei finanziamenti militari in caso di ritorno di Trump, sostenendo che "un uomo non può cambiare un'intera nazione". E la posizione ufficiale ucraina resta di apertura, con il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba che ha sottolineato l'intenzione di Kiev di "lavorare con qualunque realtà si presenterà dopo le elezioni" americane. Ma è chiaro che la vittoria repubblicana porterebbe un'aria tutta diversa nel conflitto, lontana dagli stretti abbracci e le promesse di sostegno incrollabile di Biden e Zelensky. Il presidente ucraino ha tutte le ragioni per diffidare del tycoon: se non bastasse la sua chiara resistenza agli aiuti militari, Trump vanta un passato di elogi espliciti nei confronti di Vladimir Putin, giudicato un uomo "intelligente" per aver occupato "una vasta area, un grande pezzo di terra con molte persone" subendo solo un impatto relativamente minore dalle sanzioni. E in un discorso dopo la sua schiacciante vittoria nei caucus dell'Iowa questa settimana, il tycoon ha affermato che "la Russia non avrebbe attaccato" se fosse stato alla Casa Bianca, perché lui e il presidente russo "vanno molto d'accordo".

C'è tempo fino a novembre per scoprire quale sarà il futuro della politica americana sull'Ucraina. Nel frattempo, Zelensky è fiducioso di incassare nuovi pacchetti di aiuti militari dai partner - Usa e Ue - nelle "prossime settimane e mesi". Perché "il campo di battaglia non può semplicemente aspettare": la guerra infuria e Kiev si avvicina a grandi passi al secondo anniversario dell'invasione. Due anni di battaglie e perdite di vite al fronte che sembrano aver esasperato anche il popolo russo, almeno una parte: le mogli dei militari impegnati al fronte sono tornate a chiedere in strada, di fronte al quartier generale elettorale del presidente russo, il ritorno a casa dei loro mariti. "Vorrei sapere quando Putin emetterà un decreto per cui mio marito dovrà essere a casa", è la richiesta disperata di Maria Andreyeva. "Dobbiamo spremere tutto dai nostri ragazzi, strappare loro l'ultima goccia di vita?". Una domanda tristemente retorica, nella Russia di Putin.

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