La proposta dei mediatori è sul tavolo delle parti e si continua a trattare. Ma le priorità di Hamas e Israele per concludere l'accordo sono ad ora opposte. Per questo gli Usa rafforzano il pressing, con il segretario di Stato Antony Blinken che sabato arriverà in Israele per la sesta visita dall'inizio della guerra.
Hamas ha fatto sapere di aver ricevuto lo schema d'intesa e che una sua delegazione sarà da domani a Parigi per discuterla. Ma il suo leader Ismail Haniyeh ha tracciato la cornice entro la quale si muoverà la risposta della fazione. "La priorità - ha spiegato - è fermare l'aggressione a Gaza e il completo ritiro delle forze di occupazione dalla Striscia. Siamo aperti a discutere qualsiasi iniziativa o idea seria e pratica", a condizione che porti ad una "cessazione completa" della guerra.
Un accordo, ha proseguito Haniyeh, che garantisca il ritorno a casa delle persone "costrette a sfollare dall'occupazione, la revoca dell'assedio e la realizzazione di un serio processo di scambio di prigionieri". Sulla stessa lunghezza d'onda il capo della Jihad islamica di Gaza che ha in mano ostaggi israeliani. L'organizzazione, ha sottolineato Ziad al-Nakhala, non negozierà accordi sui rapiti se non ci sarà un "cessate il fuoco globale e un ritiro delle forze israeliane da Gaza".
Secondo alcune indiscrezioni fatte trapelare da Hamas, la bozza di accordo prevede tre fasi con il rilascio di ostaggi e detenuti palestinesi. Nella prima fase sarebbero liberati donne, bambini e anziani israeliani; nella seconda tutti i soldati dello Stato ebraico; nella terza ci sarebbe la restituzione dei cadaveri. Le parti metterebbero fine alla guerra (Hamas si è detto disponibile a farlo anche "per gradi") nel corso delle tre fasi. La stessa fonte ha spiegato che non è stato ancora deciso invece il numero dei detenuti palestinesi che Israele dovrebbe rilasciare. Fonti arabe parlano dell'inizio del mese di Ramadan, l'11 marzo, come una data possibile per la fine dei combattimenti.
"Non ritireremo l'esercito da Gaza e non libereremo migliaia di detenuti palestinesi, niente di tutto questo accadrà", ha però avvertito il premier israeliano Benyamin Netanyahu dopo l'altolà arrivatogli dalla destra radicale presente nel suo governo. Un'intesa con Hamas sarebbe "irresponsabile", ha tuonato infatti il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, che ha minacciato "la spaccatura del governo".
Al 116esimo giorno di guerra, l'Idf sta colpendo sempre di più a Khan Yunis, nel sud della Striscia: in particolare sono state centrate le postazioni di Hamas da cui ieri è partita una salva di razzi verso Tel Aviv. L'esercito ha poi annunciato che è già stato avviato l'inizio dell'allagamento sistematico di tunnel di Hamas. "Abbiamo raggiunto - ha spiegato - la capacità operativa che ritenevamo necessaria. L'incanalamento dell'acqua avviene già nei siti ritenuti idonei". A Gaza, la Mezzaluna Rossa di Khan Yunis ha denunciato che i soldati israeliani "hanno preso d'assalto il cortile anteriore dell'edificio dell'organizzazione e dell'ospedale Al-Amal" della città. I morti nella Striscia - secondo il ministero della Sanità di Hamas, che non distingue tra civili e miliziani - sono arrivati a 26.751, con 65.636 feriti.
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