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Nuovi blackout a Cuba, spenta quasi una lampadina su tre

La crisi elettrica ha scatenato la protesta. Il governo accusa gli Usa di interferenze

Cuba, insieme alla crisi economica aumenta anche la repressione

Redazione Ansa

    Non si fermano a Cuba i problemi con l'elettricità: l'azienda statale Unión Eléctrica (Une) ha previsto blackout nel 31% dell'isola nelle prossime ore. Sul suo canale Telegram, la compagnia ha riferito che la stima è di una capacità massima di generazione di elettricità pari a 2.299 megawatt contro una domanda massima di 3.250 megawatt per le ore "di picco". Il deficit tra domanda e offerta costringe a interruzioni di corrente in varie aree, è stato precisato.

    La crisi energetica nella nazione caraibica è causata principalmente dalla mancanza di combustibile per le centrali elettriche, secondo il ministero dell'Energia e delle Miniere locale. Ciò provoca blackout prolungati e abituali di oltre 12 ore al giorno in diverse province del Paese. Una situazione che domenica scorsa ha fatto scendere in piazza centinaia di persone in varie città per protestare contro il governo e chiedere risposte. 

   Gli abitanti di Santiago de Cuba (la seconda città più grande dopo L'Avana) e di Bayamo sono scesi in piazza per protestare contro
il governo e chiedere risposte. Sui social circolano le prime testimonianze delle massicce mobilitazioni, ma con il passare dei minuti gli utenti denunciano che le connessioni a Internet vengono interrotte.

   Un giornalista locale, Yosmany Mayeta, ha condiviso un video in cui si vedono centinaia di persone radunarsi in strada a Santiago gridando "elettricità e cibo".

   Le autorità cubane hanno riferito sabato che blackout si registravano in alcune città del Paese, compresa la capitale. Dall'inizio di marzo l'isola ha dovuto affrontare una nuova serie di interruzioni di energia dovute ai lavori di manutenzione della centrale termoelettrica Antonio Güiteras, la più importante del Paese. Questo fine settimana il problema si è aggravato a causa della carenza di carburante.

 

Il governo accusa l'ambasciata Usa di essere dietro la protesta

   L'incaricato d'affari statunitense a Cuba, Benjamin Ziff, è stato convocato ieri al ministero degli Affari Esteri dal viceministro Carlos Fernandez de Cossío, che gli "ha comunicato formalmente il fermo rifiuto delle interferenze e dei messaggi diffamatori del governo statunitense e della sua ambasciata a Cuba riguardo agli affari interni cubani".

    "Con la consegna di una nota formale di protesta, al diplomatico statunitense sono stati ricordati gli standard minimi di decenza e onestà che ci si aspetta da una missione diplomatica in qualsiasi Paese e che l'ambasciata statunitense a Cuba ha dimostrato di non saper osservare, sottolineando che questa sede diplomatica e il suo personale sono tenuti a comportarsi secondo le norme della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche".

   L'ambasciata statunitense è accusata dal governo di aver appoggiato le rivendicazioni dei manifestanti scesi in strada contro la crisi energetica e la mancanza di cibo e medicine.

   Il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodríguez, su X ha affermato che questo tipo i messaggi diffusi nel corso delle proteste registrate in diverse città del Paese "non soddisfano gli standard minimi di decenza e onestà che ci si aspetta da una missione diplomatica".

   Rodríguez ha aggiunto che se Washington si preoccupasse del benessere del popolo cubano "toglierebbe l'embargo economico" e "cancellerebbe L'Avana dalla lista degli sponsor del terrorismo del dipartimento di Stato". Per il governo cubano infatti gli Stati Uniti hanno "responsabilità diretta" nella situazione economica dell'isola.

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