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Iran, l'interim al vicepresidente. Cosa succede adesso?

Interim al vicepresidente. Le proteste potrebbero riavere fiato

Redazione Ansa

La Repubblica islamica, vessata dalle sanzioni economiche e coinvolta in un conflitto sempre più aspro con Israele, potrebbe tenere elezioni presidenziali in meno di due mesi. È questo il percorso dopo la morte di Ebrahim Raisi, nell'elicottero dove viaggiava assieme al ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian, che si è schiantato nel nord ovest del Paese, nei pressi del confine con l'Azerbaigian. La costituzione iraniana prevede che in caso di morte improvvisa di chi ricopre questa carica, si dovranno tenere in cinquanta giorni consultazioni per eleggere un nuovo presidente, che in Iran ha il ruolo di capo del governo mentre il capo dello Stato è la Guida suprema, Ali Khamenei.

 

Nel frattempo, sarà il primo vicepresidente, che in questo momento è Mohammad Mokhber, ad assumere l'incarico di capo del governo fino alle nuove elezioni presidenziali, che si terrebbero in un Iran schiacciato dalle sanzioni economiche, soprattutto da parte degli Stati Uniti, imposte fin dalla fondazione della Repubblica islamica nel 1979 ma rinvigorite in molteplici occasioni. Oltre alle sanzioni e al loro impatto sull'economia del Paese, le prossime consultazioni si terrebbero anche all'ombra dell'eterno conflitto tra la Repubblica islamica e Israele. Uno scontro che dopo l'inizio della guerra a Gaza si è inasprito ulteriormente e, dopo anni di raid contro obiettivi filo iraniani in Siria e Libano, è arrivato in aprile per la prima volta al livello di attacchi diretti sul territorio dei due Paesi. Le consultazioni che hanno visto vincere Raisi nel 2021, con il 72% dei consensi, erano state le presidenziali con l'affluenza più bassa nella storia della Repubblica islamica, con circa il 49% degli aventi diritto esprimere una preferenza e oltre il 13% di schede bianche o nulle.

 

Secondo molti analisti, le ragioni dell'astensione riguardarono in gran parte la squalifica della maggior parte dei candidati, circa 600 moderati e riformisti, che ha lasciato spazio di fatto esclusivamente agli ultraconservatori. Un copione simile si è ripetuto solo pochi mesi fa, durante le consultazioni parlamentari dell'1 marzo che hanno visto soltanto il 41% della popolazione andare alle urne, segnando un nuovo record. In questo caso, la bassa affluenza è stata dovuta non solo alla squalifica di molti candidati riformisti ma anche all'impatto della durissima repressione delle proteste antigovernative esplose alla fine del 2022 dopo la morte della ventenne curda Mahsa Amini, uno degli eventi più tragici che si è consumato durante l'amministrazione di Raisi. Una nuova elezione, secondo gli analisti, potrebbe rinvigorire il movimento di protesta che si era formato quando Mahsa perse la vita, dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava correttamente il velo.

 

I durissimi scontri tra manifestati e polizia portarono alla morte di oltre 500 persone e ci furono arresti di massa. Le dimostrazioni si spensero dopo alcuni mesi ma le ragioni della contestazione non sono scomparse, soprattutto in un contesto dove si è spesso inasprito il giro di vite sulle donne che non portano l'hijab. Anche i gruppi dissidenti all'interno dell'Iran, tra cui alcuni legati al cosiddetto Stato islamico e responsabili di attentati nel Paese durante l'amministrazione Raisi, potrebbero cercare di trarre vantaggio da una situazione di questo tipo. Il campo ultraconservatore cercherebbe un candidato affine a Raisi, cercando di dare continuità a quanto fatto da quest'ultimo, la seconda figura più importante in Iran dopo Ali Khamenei, a cui è molto vicino. È stata la stessa Guida suprema a cercare di rassicurare la popolazione ma l'annuncio della morte di Raisi sarebbe destinato ad avere profonde conseguenze sulla politica nella Repubblica islamica. Lui stesso è sempre stato considerato infatti uno dei più probabili candidati ad essere il successore di Khamenei, assieme a Mojtaba, il figlio della Guida suprema.

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