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Sunak nega la resa, ma Starmer prepara già la squadra

Il Labour scalda i motori, Tory aggrappati ai seggi in bilico

Sunak e Starmer

Redazione Ansa

SuE' conto alla rovescia nel Regno Unito verso l'epilogo di una campagna elettorale già scritto. Con l'attesa di un responso delle urne, giovedì 4, destinato secondo tutte le previsioni a suggellare una debacle storica dei conservatori del 44enne premier Rishi Sunak, al tramonto di un tumultuoso ciclo di potere durato 14 anni fra Brexit, crisi e scandali vari; e a ridare all'isola un governo laburista, sotto la leadership moderatissima del 61enne ex procuratore della corona sir Keir Starmer.

A poche ore dal voto Sunak ha ribadito, almeno a parole, di non essere rassegnato alla sconfitta come una vittima sacrificale; anche se i suoi appelli agli elettori a "non consegnarsi" ai laburisti e la strategia ridotta a cercare di salvare un pugno di collegi in bilico dalla concorrenza a destra dei populisti di Reform UK di Nigel Farage (azzoppati in extremis dallo scandalo delle dichiarazioni razziste di alcuni candidati) rivela in effetti solo l'obiettivo di provare a limitare la portata del disastro. E le dimensioni della "super maggioranza" accreditata unanimemente al partito di Starmer.

Il tutto mentre sir Keir si limita a evitare passi falsi, ad evocare un progressismo cauto fin quasi alla negazione di sé (secondo le voci più critiche) e a rivedere la lista di una squadra di governo in sostanza già pronta: squadra che si prevede possa essere formalizzata nelle caselle principali sabato 6, una volta certificato l'esito delle elezioni e consumato il passaggio di consegne al numero 10 di Downing Street atteso per venerdì 5 - con dimissioni del primo ministro uscente e designazione dell'entrante da parte di re Carlo III in veste di capo dello Stato - secondo l'iter tradizionalmente spedito del sistema britannico.

 


 

Un finale di partita che Sunak tenta comunque di esorcizzare nelle ultime interviste e negli ultimi comizi, quanto meno per non scoraggiare gli elettori che gli sono rimasti o i potenziali indecisi. "Intendo impegnarmi nella mia campagna fino all'ultimo momento", le sue parole odierne, accompagnate dall'ammissione sulle difficoltà affrontate di recente dal Paese e sulla conseguente "frustrazione" della gente. Ma anche dal richiamo a una situazione economica e generale che a suo dire "è oggi innegabilmente migliore di prima".

Troppo poco e troppo tardi, in ogni caso. Come conferma il professor John Curtice, guru dei sondaggi britannici e volto della Bbc, il quale, mettendo da parte l'aplomb istituzionale, rompe per una volta in anticipo ogni indugio di prudenza per dire di ritenere ormai "più probabile la chance di veder due fulmini cadere nello stesso identico punto" piuttosto che quella d'immaginare i Tories ancora al potere dopo il 4 luglio. Uno scenario neanche considerato dal Labour, impegnato semmai a respingere come "assurdità" gli attacchi estremi di Sunak su fantomatiche tentazioni radicali di Starmer su temi quali le tasse, l'immigrazione, la sicurezza o la difesa; per evidenziare al contrario su ciascuno di essi posizioni quanto mai moderate. Non senza rivendicare come legittima l'intenzione preannunciata da sir Keir - deciso a cavalcare la propria immagine di "uomo normale", rassicurante per la maggioranza silenziosa, contro chi gli rinfaccia di non aver carisma, di essere un opportunista o di aver annacquato totalmente le sue origini di sinistra - di lavorare di regola da futuro premier solo fino "alle 18 del venerdì": per dedicare tempo alla moglie Victoria e ai figli di 16 e 13 anni.


 

Al suo fianco, Starmer può contare del resto su un governo ombra infarcito di fedelissimi in questi mesi di attesa, e destinato ad essere promosso a governo vero e proprio senza grandi cambiamenti. Con Rachel Reeves, ex analista bancaria alla City, a garantire una politica economica liberale gradita all'establishment nei panni di prima cancelliera dello Scacchiere donna nella storia del Regno; David Lammy, figlio di genitori caraibici, a contribuire a un'immagine di diversità etnica non troppo più sbiadita rispetto al gabinetto dell' 'indiano' Sunak sulla poltrona di ministro degli Esteri; o la veterana centrista Yvette Cooper agli Interni. E due sole figure di spicco incaricate di coprire almeno il fianco della 'soft left' interna come Angela Rayner, vice leader laburista e figlia della working class di Manchester, che potrebbe diventare vicepremier con delega ai problemi del Lavoro; ed Ed Miliband - già beniamino dei sindacati, oltre che effimero leader di partito preferito in passato al fratello blairiano David - designato alla guida della transizione verde da titolare del dicastero dell'Energia e dell'Ambiente.

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