Joe Biden si è ritirato dalla corsa e ha dato il suo endorsement alla vicepresidente Kamala Harris per le elezioni di novembre invitando il partito democratico a sostenerla in modo compatto alla convention di Chicago il prossimo 19 agosto. La numero due del presidente è la scelta più ovvia e inevitabile, essendo la sua erede naturale, anche in caso di morte o malattia durante la presidenza. Ma il percorso per Harris, da qui alla convention, è tutt'altro che in discesa e sulla sua strada verso la candidatura alla Casa Bianca ci sono vari ostacoli.
Innanzitutto c'è la scadenza del 7 agosto, ovvero la deadline dell'Ohio per la registrazione dei candidati. A giugno il governatore dello Stato, Mike DeWine, ha firmato una legge che sposta la scadenza a settembre ma, poiché il provvedimento di fatto entrerà in vigore proprio quel mese e non prima, i democratici vogliono accelerare il processo. In secondo luogo da qui al 19 agosto Biden dovrebbe assicurarsi il sostegno di tutto il partito, così da poter essere in grado di proporre ai 3.894 delegati riuniti a Chicago di votare per lei. A quel punto si porrebbe solo il problema di scegliere il suo vice, sempre alla kermesse.
Se ci fossero, invece, forti e aperti contrasti su una candidatura Harris, si rischia lo scenario di una convention 'brokered', ossia aperta, dove si sfiderebbero vari candidati oltre alla vice presidente. Tra questi potrebbero esserci i governatori della California Gavin Newsom, del Michigan Gretchen Whitmer e della Pennsylvania Josh Shapiro, che è anche dato in pole position per la vice presidenza. Girano i nomi anche di altri governatori: J.B. Pritzker (Illinois), Tony Evers (Wisconsin) e Andy Beshear (Kentucky).
Costoro dovrebbero contendersi i delegati vinti da Biden alle primarie e se nessuno passasse al primo turno entrerebbero in gioco i 700 super delegati, ossia dirigenti ed eletti del partito. Lo scenario di una convention aperta è quello più complesso perché si rischiano spaccature, divisioni e caos e soprattutto di alienare il voto delle donne e degli afroamericani, zoccolo duro dell'elettorato democratico. Questa ipotesi di una mini-primaria a Chicago è quella suggerita anche dall'ex speaker della Camera Nancy Pelosi.