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Il bivio dell'Onu, riforme o decadenza

Serve una svolta dopo 30 anni di tentativi falliti

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Redazione Ansa

    Se ne parla da almeno trent'anni, ma la montagna non ha partorito nulla, neanche un piccolo topolino.

    La riforma dell'Onu - o meglio del Consiglio di sicurezza, vero e unico organo esecutivo delle Nazioni Unite - è il nodo che la diplomazia internazionale cerca da tempo di sciogliere, ma la matassa, al contrario, si è ingarbugliata sempre di più nel corso dei decenni.

    Adesso è arrivato il momento delle scelte. Se l'Onu vuole tornare ad essere un punto di riferimento per il dialogo e la pace, deve attraversare il guado con decisione e superare la mancanza di volontà politica, visione e coraggio che hanno caratterizzato l'atteggiamento dei Paesi membri negli ultimi anni. Altrimenti la decadenza dell'organizzazione, già iniziata da tempo, sarà destinata a subire un'ulteriore accelerazione.

    Il punto è chiaro: il Consiglio di sicurezza rappresenta una fotografia sfuocata di un mondo che non esiste più, quello uscito fuori dalla Seconda guerra mondiale. I cinque membri permanenti del Consiglio (Usa, Cina, Russia, Francia e Gb) hanno di fatto bloccato ogni decisione con i loro veti incrociati, le loro contrapposizioni e le loro divergenze. I cinque 'vincitori della Seconda guerra mondiale' oggi, e da tempo, viaggiano su strade diverse e contrapposte e sono incapaci di avere una visione comune sulle grandi sfide di inizio millennio, dall'ambiente alle nuove tecnologie, dalle diseguaglianze alle nuove guerre che in infiammano il mondo.

    La guerra in Ucraina e quella a Gaza hanno aumentato queste differenze, portando i cinque Paesi a scontri frontali senza precedenti. Oltre ai cinque membri permanenti, del Consiglio di sicurezza fanno parte altri dieci Paesi - senza potere di veto - che cambiano a rotazione ogni due anni.

    I punti urgenti sono sostanzialmente due: da un lato ampliare ed aggiornare la rappresentanza all'interno del Consiglio, dall'altro dare all'Onu i poteri per rendere davvero vincolanti le risoluzioni. Anche nel recente passato le risoluzioni del Consiglio sono state, di fatto, ignorate da molti dei Paesi coinvolti.

    Per quanto riguarda il primo punto si tratta di una missione quasi impossibile quanto necessaria. Negli anni passati gli Usa proposero il 'quick fix', ovvero l'ingresso sic et simpliciter di Germania e Giappone. Si tratta di due Paesi indubbiamente importanti ma sarebbero rimaste fuori molte aree del mondo, oltre a creare dissapori forti in Europa tra i Paesi non rappresentati. Anche per questo si era pensato ad un seggio permanente con diritto di veto per l'Unione europea, magari con la rinuncia di Parigi e Londra ai loro seggi.

     A questa proposta, i leader francesi e britannici sono stati colpiti da una sordità assoluta. L'Italia ha creato un gruppo chiamato Uniting for Consensus con la proposta di aggiungere alcuni seggi non permanenti, senza potere di veto, a rotazione più veloce con la possibilità di rielezione immediata. Lo scopo è quello di creare un Consiglio che possa almeno rispecchiare maggiormente l'attuale situazione internazionale. L'ultima proposta in ordine di tempo è quella degli Stati Uniti che continuano ad appoggiare Giappone e Germania ma dando anche due seggi permanenti ai Paesi africani, senza però potere di veto. Si tratta di una soluzione che scontenta più Paesi di quelli favorevoli e che comunque manterrebbe lo zoccolo duro dei cinque con potere di veto.

    Insomma, lunghi decenni di chiacchiere non sono riusciti a proporre una nuova formula di compromesso. Nessuno dei cinque membri permanenti con potere di veto vuole rinunciare ai propri privilegi, anche se questo significa bloccare l'Onu. E anche i candidati ad un eventuale nuovo ingresso sono spesso poco disponibili ai compromessi.

    Eppure - mentre assistiamo sgomenti a due guerre sanguinose, devastanti e che hanno rotto gli equilibri geopolitici globali - quello di cui il mondo avrebbe bisogno oggi è proprio un punto di riferimento per il dialogo multilaterale e per la ricerca della pace. Da molti anni però, a settembre, all'Onu si ripete la stessa scena. Tante belle parole, spesso condivisibili, e tante richieste e prese di posizione di buon senso e ragionevoli. Poi, una volta calato il sipario dell'Assemblea generale, si ricomincia esattamente come prima. 
   

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