Donald Trump ha annunciato ad un evento a New York che domani vedrà il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "La mia strategia per l'Ucraina non è la resa", ha detto Trump replicando a un'accusa di Kamala Harris. "Io voglio salvare vite umane", ha aggiunto il tycoon ribadendo che con lui alla Casa Bianca "la guerra non ci sarebbe mai stata".
Joint Standoff Weapon. E' questo il nome del lascito di Joe Biden a Volodomyr Zelensky nella sua probabilmente ultima grande manovra a favore dell'Ucraina da commander-in-chief, mentre la sua erede Kamala Harris assicura che se sarà eletta alla Casa Bianca il suo sostegno verso Kiev sarà incrollabile al contrario di Donald Trump che ne vuole "la resa". L'ultimo regalo del presidente democratico all'Ucraina sono per la prima volta dall'inizio del conflitto bombe a lungo raggio anche se resta il veto di Washington sul loro utilizzo in profondità nel territorio russo.
Un via libera che Zelensky chiede da mesi, ma che probabilmente non arriverà a breve dopo la mossa aggressiva del Cremlino, che ha deciso di aggiornare la sua dottrina nucleare per "inviare un messaggio ai Paesi ostili", America in primis. "La Russia non prevarrà, noi saremo sempre accanto all'Ucraina ora e in futuro", ha dichiarato Biden annunciando il nuovo maxi pacchetto da 8 miliardi che comprende un'altra batteria di difesa aerea e nuovi missili Patriot; munizioni e supporto per gli Himars, veicoli blindati, mine anti imboscata, missili Javelin. Ma la vera chicca per le forze di Zelensky sono indubbiamente le Jsow, le bombe guidate plananti con una gittata di 110 chilometri che possono essere lanciate dai caccia ad una distanza di sicurezza dalle linee nemiche e compatibili con diversi jet, tra cui gli F-16, di cui gli Stati Uniti e gli alleati stanno trasferendo alla Ucraina circa un centinaio di esemplari. Biden ha inoltre dato mandato al Pentagono di ampliare il programma di training per i piloti ucraini proprio sul quel tipo di caccia in modo da addestrarne altri 18 il prossimo anno. Il commander-in-chief ha anche convocato una riunione a livello di leader in Germania ad ottobre del Gruppo di contatto per coordinare gli sforzi degli oltre 50 Paesi che sostengono l'Ucraina e garantire che se dopo il voto di novembre la linea americana verso Kiev dovesse cambiare, Zelensky possa continuare a godere di un ampio e solido sostegno internazionale. Una rassicurazione che il leader ha avuto anche da Kamala Harris nel caso di una sua vittoria a novembre. "Il mio sostegno è incrollabile, lavorerò affinché Kiev prevalga", ha dichiarato la vice presidente che ha colto l'occasione per dare una stoccata al suo rivale repubblicano. "Ci sono dei leader negli Stati Uniti che vogliono che l'Ucraina ceda territori con proposte che non sono di pace ma di resa", ha attaccato in un chiaro riferimento a Trump e a parte dei repubblicani.
Il leader ucraino sperava di avere un colloquio con il tycoon in vista di un eventuale cambio della guardia alla Casa Bianca ma pare che alla fine sia saltato. D'altra parte anche la tappa a Capitol Hill di Zelensky rispetto alle altre visite è stata sottotono e turbata da una serie di attacchi da parte di figure di primo piano dei repubblicani, tra cui The Donald. Il tycoon lo ha accusato di essere "il più grande venditore al mondo", praticamente un piazzista, e di "aver rifiutato un accordo" per mettere fine alla guerra, mentre lo speaker della Camera Mike Johnson gli ha chiesto di cacciare l'ambasciatrice ucraina negli Stati Uniti Oksana Markarova per aver organizzato la sua visita ad una fabbrica di munizioni a Scranton, la città di Biden in Pennsylvania, accompagnato da un gruppo di democratici. Una mossa che da alcuni repubblicani è stata bollata come "interferenza elettorale" e sulla quale il comitato di sorveglianza della Camera, guidato dal Grand Old Party, ha aperto un'indagine. A Washington Zelensky ha presentato anche a Biden e Harris, in due incontri separati, il suo piano per la vittoria, appena esposto all'Assemblea generale dell'Onu a New York. Secondo alti funzionari americani, però, la Casa Bianca non ne è rimasta particolarmente colpita, giudicando la strategia priva di una visione globale. "Viene vista, in sostanza, come la richiesta di nuove armi e di eliminare le restrizioni sui missili a lungo raggio impacchettata in modo diverso", ha riferito una fonte dell'amministrazione al Wall Street Journal.