Mondo

'Non abbandoniamo i libanesi nel momento più buio'

Gli italiani che non vogliono andare via: 'Ora è bene stare qui'

Bimba in una strada di Beirut

Redazione Ansa

Tra i moltissimi italiani che negli ultimi giorni hanno lasciato il Libano travolto dall'offensiva militare israeliana, anche seguendo i ripetuti appelli della Farnesina, decine e decine di connazionali rimangono invece nel martoriato Paese e lo fanno per un misto di responsabilità morali, attaccamento al Libano e ai libanesi e calcoli pratici e personali.

Marco Perini, 56 anni, è da 17 in Libano. Dirige l'ufficio regionale di Avsi, una delle più attive organizzazioni non governative internazionali nella regione

. "Oggi più che in passato sento che la mia esperienza professionale è un vero e proprio modo di vivere e di condividere una testimonianza da lasciare a questo Paese", afferma parlando con l'ANSA Perini, che vive vicino Beirut con la famiglia. "Certamente non sono un pazzo: rimarrò fino a quando ci saranno le condizioni minime di sicurezza per restare. E soprattutto fino a quando avremo i mezzi per aiutare queste persone", dice in riferimento ai numerosi libanesi, siriani e di altre nazionalità che in Libano ricevono, direttamente e indirettamente, i benefici del lavoro di Avsi. "A questo proposito - prosegue Perini - ci tengo a ringraziare quella marea di italiani che in questi giorni rispondono con solidarietà alla nostra campagna per portare aiuti al Libano".

Solo poche settimane fa insignito dall'ambasciata italiana a Beirut del titolo di Cavaliere dell'Ordine della Stella d'Italia proprio per il suo lavoro in Libano e Medio Oriente, Perini è convinto che "adesso non possiamo lasciar morire la speranza e abbandonare i libanesi proprio nel momento in cui hanno più bisogno. Poi, se la situazione dovesse peggiorare drasticamente, vedremo...".

Antonio Righetti, 71 anni, è invece in pensione dopo aver lavorato per 39 anni per l'ambasciata d'Italia. E' fondatore dell'associazione italo-libanese 'Italianamente' e da tempo è un riferimento per tutta la comunità italiana nel Paese. Dopo aver frequentato l'Accademia navale in Italia si è trasferito in Libano prima dello scoppio della guerra civile (1975-90) e da allora di fatto non se n'è mai andato. Conosce talmente bene il pianeta Libano da aver contribuito, con un ruolo determinante riconosciuto da più parti, a ben 19 evacuazioni di cittadini italiani in situazioni di conflitto.

Righetti ha visto in prima persona tutta la guerra civile, le varie invasioni militari israeliane del 1978, del 1982, del 1985. Ha visto nascere e rafforzarsi il movimento armato Hezbollah e il ritiro israeliano dal Libano nel 2000. E' stato testimone diretto della devastante guerra del 2006 tra Hezbollah e Israele, dell'esplosione del porto di Beirut del 4 agosto del 2020, di tutta la crisi finanziaria del Libano, palesatasi dal 2019 e ancora in corso.

"Proprio il collasso del sistema bancario libanese ha contribuito a farmi rimanere in Libano", afferma Righetti. "Sono in pensione ma tutti i risparmi di una vita sono stati congelati, di fatto spariti, dalla mia banca libanese". In pensione dal gennaio del 2021, Righetti abita in collina, in una zona relativamente sicura rispetto al rischio di bombardamenti israeliani. "Qui in Libano abbiamo una casa, non abbiamo risorse sufficienti per spostarci in Italia. E non ho più l'età per ricominciare da zero".
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it