La mela è stata intinta nel miele, nell'auspicio di un anno buono e dolce: così si è aperta la sera di mercoledì una delle date più solenni del calendario ebraico, il Capodanno, Rosh haShana. Festività particolarmente sentita in Israele e nella diaspora che cade in uno dei momenti più gravi della storia del Paese. Un anno di lutti, 12 mesi di guerra, in cui migliaia di famiglie hanno subito perdite, hanno dovuto lasciare le loro case, vivono l'angoscia di un familiare prigioniero chissà dove a Gaza, di un giovane figlio che combatte nella Striscia, in Libano.
A Tel Aviv, città del divertimento per definizione, la ricorrenza si è fatta sobria, le famiglie si sono incontrate in casa per la cena rituale. Tutto illuminato, dai lussuosi grattacieli al più piccolo terrazzo. Chiacchiere e risate si sono sentite fino a tarda notte, si è bevuto e si è mangiato come prevede la tradizione, sono stati gustati i dolci della tradizione sefardita e quelli della cucina ashkenazita. A sole 24 ore da quando le sirene d'allarme hanno suonato per più di un'ora annunciando i micidiali missili balistici che l'Iran stava lanciando sul Paese. Per punirlo dell'arroganza di aver ucciso Hassan Nasrallah e aver messo piede nella terra strappata da Hezbollah ai libanesi. Milioni di persone nei rifugi, paurose esplosioni, ansia: sentimenti archiviati (forse) dalla resilienza israeliana per aprire la porta al nuovo anno da cui si aspettano solo pace. E il ritorno dei loro giovanissimi parenti dal fronte.
Nessuno si è sognato di tirare un fuoco d'artificio, come si fa nel resto del mondo a San Silvestro. Ma le tavole sono state imbandite senza risparmio, con il simbolismo delle parole come prevede l'usanza millenaria: datteri, per finirla con i nemici.
Fichi con l'auspicio di un anno dolce. Zucca per allontanare il giudizio cattivo. Melagrana, segno di speranza. Pesce per la prolificità. Poi la nottata è trascorsa senza allarmi. Il cielo di fine estate si è aperto su una città silenziosa, semideserta, solo qualcuno in strada a portare a spasso un bambino, bar e negozi chiusi. Poi dalle case piano piano si è alzato il rassicurante vocio domestico, le risate dei più piccoli, semplici rumori casalinghi. Per gli osservanti, lo shofar ha squillato nelle sinagoghe dopo la lettura della Torah, in modo che quelle note consentano di rimettere ordine in tutto ciò che si ha dentro se stessi, nel rapporto con Dio e con il prossimo.
La particolare tromba, ricavata dal corno di un animale kosher (secondo la regola ebraica), ha suonato nelle ore diurne, e del resto la Torah parla di Rosh haShana come del "giorno dello squillo dello shofar".
Per la festività il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha raggiunto le sue truppe nel Corridoio Netzarim, che taglia Gaza da nord a Sud, ha condiviso con i soldati il cibo della sera di Capodanno. La sua presenza nella Striscia ha voluto essere anche una forma di vicinanza agli ostaggi tuttora prigionieri di Hamas. Halevi ha espresso la speranza per un nuovo anno "molto, molto migliore". "A nord e a sud di noi ci sono ostaggi che desideriamo tanto che ci vengano restituiti. Quest'anno ci sono molte famiglie in lutto", ha detto ai soldati seduti con lui.
Poi nella notte e durante la giornata, come già aveva detto l'esercito annunciando che non si sarebbe fermato, sono proseguiti i raid a Beirut e nel sud del Libano. L'aeronautica ha colpito a Gaza. I commando di terra hanno avuto nuovi scontri corpo a corpo con i miliziani di Hezbollah sull'insidioso terreno libanese. I media israeliani hanno mostrato una giornata schizofrenica: da una parte il rumore della guerra con il suo carico di vittime. Altrove la routine di un giorno di serenità e riposto. In serata Tel Aviv si è rianimata, i balconi si sono riempiti di nuovo di amici e parenti, il traffico si fa sentire di nuovo. Manca la musica, nessuno ha messo su neppure una canzone.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it