A nulla sono valsi l'indignazione e i richiami dell'Onu e dell'Italia: Israele ha attaccato "per la seconda volta in 48 ore" postazioni dell'Unifil nel Libano del sud, aprendo il fuoco contro un posto di osservazione del quartier generale di Naqura e ferendo altri due caschi blu, stavolta cingalesi, di cui uno versa in gravi condizioni.
A Labbouneh, invece, più a ridosso della Linea Blu al confine tra i due Paesi, è crollato un tratto del muro di demarcazione della base 1-31, presidiata da militari italiani e già colpita dagli spari dei tank dell'Idf il giorno prima.
Secondo la ricostruzione fornita dall'Unifil, "diversi T-wall della nostra posizione 1-31 sono caduti quando un bulldozer dell'Idf ha colpito il perimetro e i carri armati dell'esercito israeliano si sono mossi in prossimità della posizione Onu".
"I nostri peacekeeper sono rimasti sul posto", ha aggiunto la missione in un comunicato, annunciando di aver inviato in loco anche "una forza di reazione rapida dell'Unifil per assistere e rinforzare la posizione". Non si è trattato di un "ulteriore attacco" alle basi italiane, ha tuttavia precisato il ministero della Difesa, spiegando che su quella postazione "sono in corso lavori di ripristino dei manufatti" danneggiati "nei giorni scorsi" e che le operazioni "sono state pianificate e vengono eseguite" in "coordinamento tra le unità italiane di Unifil, le Forze armate libanesi e le Forze di difesa israeliane".
Israele assicura di voler fare luce sugli attacchi alla forza Onu e di aver avviato "un'indagine approfondita al più alto livello". In base ad "un primo esame" sull'incidente odierno di Naqura, l'esercito israeliano ha riferito di aver "indentificato una minaccia a circa 50 metri" dalla postazione Unifil e di aver "risposto con il fuoco verso quella direzione", colpendola. I due caschi blu del contingente dello Sri Lanka sono quindi stati "inavvertitamente feriti durante i combattimenti con Hezbollah" che Israele accusa di "usare strutture civili e l'Unifil come scudi". Inoltre, spiega ancora l'Idf, "ore prima" dell'accaduto l'esercito aveva dato istruzioni ai peacekeeper di "entrare in spazi protetti e di rimanervi". "Questi incidenti espongono ancora una volta i nostri caschi blu a rischi molto seri", ha protestato la missione Onu, decisa tuttavia a non lasciare la sua posizione.
"I militari italiani non abbandoneranno la base", ha confermato anche il ministro Guido Crosetto, forte di una risoluzione del Consiglio di sicurezza, la 1701, la cui piena applicazione viene ora invocata da più parti, Israele compreso. "I soldati italiani non si toccano", ha tuonato anche il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, annunciando di aver scritto nuovamente al collega Israel Katz e al presidente israeliano Isaac Hergoz per sollecitare i risultati dell'inchiesta annunciata sugli attacchi definiti "totalmente inaccettabili", e per lo meno delle scuse.
"Se continuano, non è più un incidente", ha affermato. Ma non è solo l'Italia (che con 1.200 militari in Libano schiera il contingente più numeroso) a pretendere "rispetto" e "spiegazioni" da Israele. Sia Parigi che Madrid (presenti nelle fila dell'Unifil con 700 soldati francesi e 680 spagnoli) hanno convocato gli ambasciatori dello Stato ebraico nei loro rispettivi Paesi per formalizzare "la ferma condanna" dell'accaduto e intimare a Israele di cessare gli attacchi ai caschi blu.
"E' inaccettabile, non deve ripetersi mai più", ha tuonato Emmanuel Macron, dopo averne parlato con Pedro Sanchez e Giorgia Meloni a Cipro per il summit del Med9. "Cessare l'esportazione di armi a Israele è l'unica leva" per mettere fine ai conflitti in Libano e a Gaza, ha aggiunto il presidente francese, rilanciando, insieme al premier spagnolo, la proposta di embargo che nei giorni scorsi aveva già mandato Benyamin Netanyahu su tutte le furie.
Anche Joe Biden ha chiesto a Israele di fermare gli attacchi alle forze Onu. Come il capo del Pentagono Lloyd Austin, che ha invitato in una telefonata il ministro israeliano Yoav Gallant a "garantire la sicurezza dei caschi blu" e "a passare dalle operazioni militari a un percorso diplomatico il prima possibile". Londra si è detta "inorridita" dagli spari contro l'Unifil, così come Mosca e Pechino hanno espresso la loro "indignazione" e "preoccupazione". Tutti e cinque i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu, quindi, hanno condannato gli attacchi israeliani: al Palazzo di Vetro non ci sono ripensamenti sul "riposizionamento" della missione di pace in Libano, definita "indispensabile". Almeno "per ora".