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L'organizzazione paneuropea che veglia sui diritti

Conta con 46 Paesi membri. L'Italia tra i fondatori nel 1949

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Redazione Ansa

     Nel marzo del 1943, in piena guerra, Winston Churchill lanciò per la prima volta l'idea di un Consiglio d'Europa ai microfoni della Bbc, aprendo a una visione di pace e unità per un continente devastato. Sei anni più tardi, sulle ceneri postbelliche, quell'idea divenne realtà. Dieci Stati, tra cui l'Italia, firmarono il Trattato di Londra, gettando le basi per un'organizzazione - la più antica tra quelle europee - destinata a vegliare sui diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto.

    Da non confondere con le diverse istituzioni dell'Unione europea, il Consiglio d'Europa si propone di essere un faro di giustizia che, dalla sua sede a Strasburgo, abbraccia quasi tutta l'Europa fisica. A oggi, ne fanno parte tutti i Paesi del continente, per un totale di 46, con le sole eccezioni della Russia, espulsa dopo l'invasione dell'Ucraina, della Bielorussia, che non è mai riuscita ad aderirvi, e del Kosovo, che ha recentemente richiesto l'ingresso. Anche nazioni come gli Stati Uniti e Israele partecipano come osservatori e hanno sottoscritto convenzioni che fissano standard su questioni cruciali: dall'anticorruzione, all'intelligenza artificiale, dalla lotta contro la violenza sulle donne al patrimonio culturale e l'ambiente.

    L'organismo più celebre del Consiglio d'Europa è la Corte europea dei diritti umani (nota anche con l'acronimo di Cedu) e il suo lascito più importante è la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Ma tra i suoi strumenti c'è anche l'Ecri (commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza).

    Creata nel 1993, è composta da esperti indipendenti nominati dai governi dei 46 Paesi membri sulla base di quattro criteri: indipendenza, imparzialità, autorità morale e competenza riconosciuta nel trattare questioni di razzismo e intolleranza.

    L'Italia, dal 14 settembre 2023, è rappresentata da Alberto Gambino, professore ordinario di diritto privato e prorettore vicario presso l'Università europea di Roma. Ogni cinque anni, l'Ecri esamina la situazione su razzismo e intolleranza negli Stati, elaborando suggerimenti e proposte per i governi. Un lavoro che prevede analisi di documenti, missioni nei Paesi e un dialogo riservato con le autorità nazionali. 

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