Si aggrava ancora il bilancio dell'alluvione che ha messo in ginocchio i comuni della cintura a sud di Valencia: al momento si contano almeno 211 vittime, ma sono ancora tanti i dispersi. Grande emozione ha suscitato il salvataggio di una donna rimasta intrappolata tre giorni nella sua auto in fondo a un sottopassaggio.
Ma è l'unica storia a lieto fine in un giorno in cui cresce fortissima la preoccupazione che il bilancio finale delle vittime possa essere molto più pesante: c'è soprattutto paura che nei garage ancora allagati i sub militari possano trovare molti altri cadaveri. Dopo il lutto nazionale, ha parlato il premier Pedro Sanchez: un intervento molto atteso dopo le furibonde polemiche sui ritardi negli aiuti e il rimpallo di accuse tra il governo centrale e quello regionale del popolare Carlos Mazon.
Il leader socialista ha assicurato che il suo esecutivo è pronto a fare di tutto per salvare vite umane e stare a fianco delle popolazioni colpite, annunciando l'invio di ulteriori 10mila uomini sul terreno, tra militari e poliziotti. Quindi ha accuratamente evitato ogni cenno polemico, consapevole che ora è il momento della collaborazione tra le istituzioni: "Ci sarà il tempo di guardare indietro e appurare le responsabilità e le negligenze. Dobbiamo mettere da parte i contrasti e le differenze ideologiche. Ora - è stato il senso del suo appello - è necessario orientare gli sforzi al colossale compito che abbiamo davanti, mantenere il nostro Paese unito nell'avversità e nella solidarietà". Con questo spirito il premier ha annunciato "il maggior dispiegamento di forze militari in Spagna in tempo di pace".
Con l'invio annunciato oggi, saranno oltre 17.500 gli uomini in divisa a soccorrere gli alluvionati. Tuttavia, consapevole dell'indignazione che sta montando tra le popolazioni colpite dalla Dana, spesso abbandonate a se stesse, Sanchez ha ammesso che non tutto è andato per il verso giusto: "Sono consapevole che la risposta che si sta dando non è sufficiente. So che ci sono problemi e carenze gravi, che ci sono ancora servizi al collasso, comuni sepolti dal fango. Case distrutte. So che dobbiamo fare meglio".
Ma l'autocritica del premier si è fermata qui, facendo intuire che i conti veri si faranno una volta pulite le strade e ristabilita la normalità. A quel punto è chiaro che ci sarà un redde rationem che si annuncia politicamente durissimo. Senza dare troppa enfasi, Sanchez ha spiegato che a questo punto non era il caso che il governo centrale sostituisse l'autorità regionale dalla guida delle operazioni. Per cui si andrà avanti con una gestione congiunta della crisi, Stato centrale e Regione. Un passaggio non scontato, alla luce delle scelte controverse di Mazon nelle prime ore della Dana e non solo. Dopo aver sottovalutato l'intensità delle piogge e aver lanciato l'allarme con fatale ritardo, El Pais ha ricostruito che il governatore, malgrado la gravità assoluta dell'inondazione, non ha dichiarato 'l'emergenza catastrofica', il livello di mobilitazione più alto previsto dalla legge locale. Se lo avesse fatto, secondo lo statuto regionale, Mazon avrebbe "assunto il comando e la direzione esclusiva di tutte le attività di emergenza".
Diventando a quel punto non solo politicamente ma anche giuridicamente responsabile dell'intera operazione di lotta alla Dana e alle sue conseguenze. Il comando unico, invece, è passato all'assessore regionale responsabile della protezione civile Salomé Pradas. Sotto di lei, il massimo responsabile è il direttore dell'Agenzia Valenciana per la sicurezza, Emilio Argüeso, che candidamente ha ammesso di essere entrato nel posto di comando avanzato solo il giorno dopo l'alluvione.
In pratica, la direzione tecnica del Cecopi, il Centro integrato di coordinamento operativo, il cervello delle operazioni di emergenza e di aiuto alle popolazioni, è stata esercitata nelle ore cruciali da José Miguel Basset, l'ispettore capo del Vigili del Fuoco di Valencia. Troppo poco, davanti al disastro del secolo.
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