L'Europa riafferma la volontà di non lasciare da sola l'Ucraina davanti all'assalto di Mosca, dopo due anni di guerra (fra non moltissimo tre), proprio nel momento in cui l'elezione di Donald Trump potrebbe rimescolare le carte.
"La situazione sul campo di battaglia è molto difficile, dobbiamo sostenere Kiev fino alla fine con tutti i finanziamenti militari e gli aiuti umanitari necessari", ha detto ad esempio Kaja Kallas, candidata ad assumere la carica di alto rappresentante Ue, nel corso della sua audizione di conferma. L'Europarlamento, poi, terrà una sessione plenaria straordinaria martedì 19 novembre per celebrare "mille giorni di coraggio e audacia del popolo ucraino", con Volodymyr Zelensky in collegamento.
Certo, è tutto simbolismo. La vera questione, nella mente di tutti, è cosa accadrà se gli Usa decideranno di sganciarsi e sospendere l'impegno militare. Il segretario di Stato Antony Blinken, non a caso, domani sarà al quartier generale della Nato a Bruxelles, dove vedrà Mark Rutte ma soprattutto si confronterà con gli alleati al Consiglio Nord Atlantico: l'Europa vorrebbe sapere che pesci pigliare. Ma al momento è davvero un lusso.
"Credo che al momento nessuno sappia che scelte farà Trump", ha messo in guardia Kallas. "Il punto è ora dare un segnale alla Russia", ha esortato. "Lo storico Timothy Snyder ha detto molto bene che per diventare migliore un Paese deve perdere la sua ultima guerra coloniale: dobbiamo fare di tutto perché Mosca la perda ora".
A Parigi il presidente francese Emmanuel Macron ha ricevuto Rutte - il segretario generale sta facendo la spola delle principali capitali alleate - e ha offerto il suo contributo alla discussione. "Per la sicurezza dei nostri concittadini, abbiamo bisogno di un'Ucraina forte, di un'Europa forte e di una Nato forte: è la nostra agenda collettiva per i mesi e gli anni a venire", ha dichiarato Macron, ribadendo che per la Francia il sostegno a Kiev è "una priorità assoluta". Ecco, non è che solo a Washington c'è maretta. Il governo a Berlino sta collassando e a febbraio si terranno le elezioni anticipate, aggiungendo pathos ad un quadro già sufficientemente complesso.
Il candidato della Cdu, Friedrich Merz, ha ventilato l'ipotesi di consegnare i tanto agognati missili Taurus a Kiev se Vladimir Putin non cambierà rotta, suscitando l'ira di Dmitri Medvedev, twittatore-in-capo dei vertici russi. "È chiaro che questi 'ultimatum' sono di natura elettorale ed è chiaro che i missili non sono in grado di cambiare nulla di significativo nel corso delle operazioni militari, sebbene aumentino il rischio che il conflitto raggiunga la sua fase più pericolosa", ha commentato evocando come di costume l'incubo atomico. Rutte sembra però dar ragione e Merz. "Dobbiamo fare di più che limitarci a mantenere l'Ucraina in gioco: dobbiamo far pagare il prezzo a Putin e ai suoi amici autoritari, fornendo al Paese quanto necessario per cambiare la traiettoria del conflitto", ha dichiarato a Parigi.
Ma si torna sempre al punto di partenza. Cosa farà Donald Trump? Kallas ha espresso quello che è l'auspicio di molti: "Siamo gli alleati più forti degli Usa e dobbiamo restare uniti". Poi ha ricordato che, da premier dell'Estonia, ha già incontrato membri del suo entourage, come il vice JD Vance. "Se gli Usa sono preoccupati per il Mar Cinese meridionale devono essere interessati a come reagiamo in Ucraina", ha affermato legando la sicurezza dell'Indo-Pacifico al quadrante Transatlantico. L'attuale alto rappresentante Josep Borrell, tornando dalla sua visita di commiato a Kiev, si è fermato in Polonia (alleato di ferro dell'Ucraina) e da Varsavia ha suonato la carica: "Non possiamo trovarci in una situazione in cui gli Stati Uniti agiscono e gli europei reagiscono, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità".
E per questo momento della verità c'è un luogo e un tempo: Bruxelles, lunedì e martedì prossimi, nel corso dei consigli Esteri e Difesa. Ai ministri dei 27 Borrell illustrerà la situazione sul campo in Ucraina, quali sono "le esigenze" per continuare a difendersi, quali sono "le prospettive" di una possibile decisione presa dagli Stati Uniti per continuare, o meno, il loro sostegno e come gli europei possono "rispondere a tale situazione". Perché le cifre in ballo sono importanti.