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Il governatore di Valencia riconosce i suoi errori, ma non si dimette

Mazon da la colpa alle agenzie del governo centrale. I socialisti chiedono che sia sostituito da un governo tecnico. E anche gli alleati di Vox lo attaccano

Carlos Mazon durante la sua audizione all'Assemblea valenziana

Redazione Ansa

      Un mea culpa con il riconoscimento di "errori" prima, durante e dopo "la peggiore catastrofe del secolo in Spagna". Il governatore di Valencia Carlos Mazòn chiede "perdono" ai familiari delle 216 vittime finora estratte dal fango e delle 16 ancora disperse dopo la Dana, e promette di "non eludere le sue responsabilità". Ma non fino al punto di rassegnare le dimissioni, reclamate in piazza da 130.000 valenziani e da tutte le forze di opposizione.

     L'audizione del governatore del Partito popolare davanti alle Corts Valencianes, la prima a 17 giorni dalle alluvioni che hanno flagellato la regione, ha avuto i toni della tiepida autocritica, di una meticolosa autodifesa e della decisa accusa contro lo Stato centrale. "Il popolo valenziano ha diritto di sapere perché i protocolli di emergenza sono stati insufficienti", ha detto, annunciando una commissione di inchiesta alle Corts ed "esigerne" una simile al Congresso spagnolo. "Abbiamo fatto il meglio che potevamo con l'informazione di cui disponevamo", è la versione di Mazòn.

     Che di nuovo ha puntato l'indice sulla Confederazione Idrografica dello Jucar, in capo al ministero della Transizione ecologica diretto dalla vicepremier Teresa Ribera, per aver dato indicazioni "frammentate, inesatte e tardive" sulla piena del fiume Magro e del torrente Poyo, che ha travolto Paiporta, il ground zero della catastrofe, con oltre una settantina di vittime. Accuse che il Partito Popolare, in difesa del governatore, ha fatto proprie, trascinando Ribera al centro delle polemiche fino a Bruxelles, con il blocco della sua designazione a commissaria europea per la Transizione giusta e la Competitività, che ha provocato lo stallo della nuova Commissione europea di Ursula Von der Leyen.

     Dal canto suo Ribera ha ricordato che la responsabilità di dare l'allarme e gestire l'emergenza era del presidente valenziano, irreperibile per ore il giorno della Dana. Il 29 ottobre "ho mantenuto la mia agenda consapevole della situazione di rischio, di cui ero informato dall'assessore all'Interno, che si era spostata in alcune delle zone colpite dalla piena del Magro ed era in contatto con la prefettura", si è giustificato Mazòn. Ha riconosciuto come "un errore" anche l'aver cancellato un messaggio postato quel giorno su X, in cui segnalava che "la Dana si stava spostando su Cuenca", minimizzando il rischio.

     E ha difeso la scelta del centro operativo valenziano di segnalare solo 12 ore dopo alla popolazione, con messaggi 'Es Alert' (l'allerta rossa che l'Agenzia meteorologica statale Amet aveva già lanciato alle 7:30 del mattino), quando ormai c'erano già vittime e comuni inondati. "La decisione è stata presa per il rischio di rottura della diga del Forata ed è stata quella giusta", ha sostenuto. Non una parola sulle ore in cui è rimasto irraggiungibile, mentre era con una giornalista a un pranzo, per cui arrivò al centro operativo solo dopo le 19. "Per il maltempo c'era una grande quantità di traffico", ha detto.

     Come hanno dimostrato le allerte preventive di questi giorni per la seconda Dana abbattutasi su Malaga e il Levante, era un lasso di tempo prezioso per mettere in salvo la cittadinanza ed evitare conseguenze letali. "Non è il momento di dimissioni, ma di fare un passo avanti per guidare la ricostruzione", ha affermato Mazon, nell'annunciare una nuova vicepresidenza ad hoc e la creazione di un nuovo assessorato per il coordinamento le emergenze. Lascerà il timone solo se sarà "incapace di guidare il processo per la ricostruzione", ha promesso dalla tribuna, chiedendo "al governo di Pedro Sanchez di non lasciarci soli in queste ore amare". Nelle repliche dei partiti di opposizione, ma anche degli alleati dell'ultradestra Vox, le critiche "nefasta gestione" della crisi sono state durissime. Per la prima volta il Psoe, finora cauto nella difesa "dell'unità" per affrontare la drammatiche conseguenze dell'alluvione, ha chiesto al Pp la "destituzione di Mazon" e la nomina di "un nuovo presidente con capacità tecnica e di gestione", che si impegna ad appoggiare fino a dopo la fase di emergenza. E a "nuove elezioni nel 2025". 

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