"Fare di tutto per porre fine alla guerra nel 2025 attraverso la via diplomatica" ma partendo da "un'Ucraina forte".
Il presidente Volodymyr Zelensky, a pochi giorni dal simbolico traguardo dei 1000 giorni di conflitto, evoca sempre di più l'exit strategy con, però, i distinguo di sempre: negoziare va bene ma solo se non significa capitolare, ovvero accettare le condizioni di Vladimir Putin. E dal G7 - all'indomani della telefonata tra Olaf Scholz e il presidente russo, che ha fatto infuriare Kiev - arriva l'ennesima manifestazione di sostegno, con la promessa di restare al suo fianco "per tutto il tempo necessario".
Zelensky ringrazia i partner e in particolare Giorgia Meloni, presidente di turno del G7, ma sa benissimo che sono parole scritte sulla sabbia al tramonto in attesa dell'alta marea chiamata Donald Trump. Al di là di cosa contenga davvero il suo sbandierato piano di pace (nessuno lo sa veramente), se Washington dovesse tagliare gli aiuti l'Europa si troverebbe davanti ad un dilemma: lascia o raddoppia. Ai Consigli Affari Esteri e Difesa di lunedì e martedì i 27 inizieranno a studiare nei dettagli i vari scenari, passando attraverso un pranzo dedicato appositamente all'analisi dei rapporti con gli Usa. Prendere il posto degli Stati Uniti sul fronte degli aiuti militari significa infatti moltiplicare per due i contributi annuali - ad oggi circa 20 miliardi, sostenuti in gran parte dalla Germania - e in un momento in cui, per giunta, l'economia non va proprio benissimo.
Al tempo stesso, il crollo di Kiev non è un'opzione per molti Stati membri, perché rappresenterebbe una minaccia esistenziale alla sicurezza. Non ci sono solo le divisioni di Mosca ai confini della Nato a far paura. I dati d'intelligence stimano che, se il Paese finisse davvero in mano ai russi, circa 10 milioni di persone fuggirebbero in Europa, con un esodo di proporzioni bibliche. Che il Cremlino ci riesca è considerato "improbabile" perché gli mancano i numeri sul campo ma, allo stesso tempo, lo stesso Zelensky confessa apertamente ormai che le truppe sono "stanche", i rimpiazzi "tardano" a causa delle mancate consegne di armi e mezzi dai partner e le "ritirate" in certi quadranti sono possibili per salvare la vita dei soldati. Insomma, c'è il timore che si sia arrivati a fine corsa e dunque l'Europa cerca una strada, anche per non lasciare il boccino in mano al solo Trump.
Il tycoon vuole chiudere la guerra in Ucraina e a breve sceglierà 'un inviato per la pace': per il ruolo si è fatto avanti Boris Epshteyn, un russo del team legale del presidente eletto, che non sembrerebbe proprio super partes. Martedì, intanto, a Varsavia, si terrà un incontro del triangolo di Weimar nel formato allargato e dunque parteciperanno, oltre ai ministri di Parigi e Berlino, anche quelli di Regno Unito, Italia e Ucraina (sarà inoltre presente anche l'alto rappresentante Ue designata Kaja Kallas). Radoslaw Sikorski, capo della diplomazia polacca, riferendosi alla telefonata Scholz-Putin, ha detto che "le cose stanno accelerando" dichiarandosi poi soddisfatto che il cancelliere tedesco abbia ribadito il principio "nessuna decisione sull'Ucraina senza l'Ucraina". "I colloqui più importanti su questa crisi si terranno a Varsavia", ha sottolineato. Certo, c'è anche chi ritiene che la telefonata di Scholz a Putin vada letta puramente in chiave "pre-elettorale", perché il cancelliere vuole accreditarsi come il leader anti escalation. E Putin è ben felice di seguirlo.
"È vantaggioso per lui sedersi al tavolo, per mettere fine all'isolamento politico costruito dall'inizio della guerra", ha accusato Zelensky. "Ma solo per parlare e non per mettersi d'accordo". "La Russia - chiosa il G7 - resta l'unico ostacolo ad una pace giusta e duratura". Mosca, al momento, spinge sia nel Kursk (non vuole che finisca in eventuali trattative) dove sono arrivati i rinforzi nordcoreani, di mezzi e uomini, sia nel Donbass, dove punta a conquistare lo snodo di Pokrovsk. Il più possibile, insomma, prima che s'insedi Trump. Poi si vedrà.
Leader del G7: 'Fermo sostegno a Kiev per tutto il tempo necessario'Su iniziativa della presidente del Consiglio Giorgia Meloni i leader G7 hanno adottato una dichiarazione di sostegno a Kiev in vista del millesimo giorno dall'inizio della guerra di aggressione russa contro l'Ucraina. "Noi, i leader del gruppo dei Sette (G7), riaffermiamo il nostro fermo sostegno all'Ucraina per tutto il tempo necessario. Rimaniamo solidali nel contribuire alla sua lotta per la sovranità, la libertà, l'indipendenza, l'integrità territoriale e la sua ricostruzione. Riconosciamo anche l'impatto dell'aggressione della Russia sulle persone vulnerabili in tutto il mondo", si legge nella dichiarazione.
"Dopo 1.000 giorni di guerra, riconosciamo l'immensa sofferenza sopportata dal popolo ucraino. Nonostante queste difficoltà, gli ucraini hanno dimostrato una resilienza e una determinazione senza pari nel difendere la propria terra, la propria cultura e il proprio popolo. La Russia resta l'unico ostacolo ad una pace giusta e duratura. Il G7 conferma il proprio impegno a imporre gravi costi alla Russia attraverso sanzioni, controlli sulle esportazioni e altre misure efficaci. Restiamo uniti con l'Ucraina".
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