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Parigi e Londra riparlano di inviare truppe in Ucraina

La Nato agli alleati: 'Servono più soldati'. Ipotesi naja ibrida

Riunione di Tajani con i ministri degli Esteri del G7 ad Anagni

Redazione Ansa

La possibilità d'inviare truppe europee in Ucraina, specialmente se Donald Trump ridurrà l'impegno degli Stati Uniti, torna ad animare il dibattito. Con la differenza che insieme alla Francia - che per prima aveva ventilato l'ipotesi - ora c'è la Gran Bretagna, che anzi sarebbe la più volenterosa. Parigi e Londra sarebbero le azioniste di maggioranza dell'iniziativa, alla quale si aggiungerebbero altri Paesi sulla stessa linea d'onda. Perché la situazione è seria, oltre che fluida. 

 

 

 

La Nato, ad esempio, sta incoraggiando gli alleati a "cambiare i modelli" di formazione dei soldati perché "servono più uomini" per affrontare la mutata realtà di sicurezza in Europa. Con la leva che, ormai, non è più un tabù in vari membri dell'Ue. Una "fonte britannica" ha confidato a Le Monde che "discussioni sono in corso fra il Regno Unito e la Francia sulla cooperazione in materia di difesa, in particolare con l'obiettivo di creare un nocciolo duro fra alleati in Europa, centrato sull'Ucraina e la sicurezza europea in senso ampio".

 

Pur in assenza, per il momento, di decisioni ufficiali, il quotidiano parla di "proposte sul tavolo" al ministero della Difesa, come quella della società Défense Conseil International (Dci), il principale operatore del ministero delle forze armate che si occupa dei contratti di export di armamenti francesi e del trasferimento di savoir-faire militare che ne consegue. Dci sarebbe dunque "pronta a proseguire, in Ucraina, la formazione di soldati ucraini, come fa già in Francia e in Polonia.


Potrebbe così, in caso di necessità, assicurare la manutenzione degli equipaggiamenti militari francesi inviati a Kiev. Dci ha contattato per questo Babcock, una società omologa britannica già presente in Ucraina, per condividere le installazioni di cui essa già dispone". Inoltre sarebbe anche allo studio la presenza di società di difesa private sul suolo ucraino.
L'Italia, attraverso il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha ribadito che non invierà soldati a combattere in Ucraina.


"Dobbiamo evitare l'escalation, la Russia sta assumendo gravi responsabilità facendo combattere soldati nordcoreani e arruolando Houthi e proxy dell'Iran", ha sottolineato alla vigilia del Consiglio Nato-Ucraina di domani, dove non ci si aspettano però grandi colpi di scena (Kiev tornerà a chiedere più difesa aerea, forse anche il sistema Thaad oltre ai Patriot, per controbattere a Mosca).
Lo scenario attuale è insomma sempre più precario e la Nato, come anticipato, sta correndo ai ripari perché non si tratta solo di spendere di più, ora serve anche trovare il personale necessario a difendere l'Europa.

"Dobbiamo riconoscere - spiega all'ANSA un alto funzionario alleato - che veniamo da un'era in cui avevamo forze armate piccole, professionali, con qualità molto alta, costose, ma con numeri limitati, che con la percentuale di perdite attuale in Ucraina avrebbero difficoltà a gestire il secondo o il terzo mese di conflitto: quindi incoraggiamo gli alleati a cambiare e ad assegnare alla Nato i numeri di cui abbiamo bisogno". La settimana scorsa c'è stata una riunione al livello di Stato Maggiore sul tema. Ma la questione è squisitamente politica e alle capitali non viene imposto un metodo - la leva, tanto per intenderci - a favore di un altro (per esempio le riserve, strada preferita al momento dall'Italia).


Sta di fatto che varie forme di coscrizione stanno tornando in Europa. La Lettonia l'ha reintrodotta (dal 2028 7.500 uomini saranno chiamati ogni anno) e persino la Germania ci sta pensando. Anche se molti citano il modello ibrido svedese - introdotto dopo l'annessione della Crimea - come un esempio.
Tutti i diciottenni, infatti, devono presentarsi (obbligatoriamente) per una valutazione: ogni anno solo il 5-10% circa sia degli uomini che delle donne prende parte al servizio militare e vengono reclutati solo i giovani disposti a farlo.


Un'opzione più dolce della vecchia naja, certamente, che certifica però la fine di un'era. Come testimonia anche il fatto che la Germania sta lavorando ad un piano nazionale sui bunker.
Il Paese ne ha pochi, avendo dismesso quelli del passato. E la Bild scrive che il governo solleciterà i cittadini ad attrezzare garage e cantine per procurarsi postazioni sicure negli edifici in cui vivono. La guerra in Europa ha smesso ormai da tempo di essere un tabù. 

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