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Il nunzio in Siria: 'La gente ha paura, ad Aleppo sono chiusi in casa'

Zenari all'ANSA, 'Non dimenticateci, eravamo spariti dai radar'

Redazione Ansa

"La situazione è difficile e la gente ha paura". A parlare è il Nunzio in Siria, il cardinale Mario Zenari, che è in continuo contatto con la comunità cattolica di Aleppo. Nessuno sa dare una spiegazione al raid che ieri ha colpito il Terra Santa College dei francescani.


Un posto dove le famiglie portavano i bambini a giocare e dove si distribuisce il pane gratis alle persone che non hanno mezzi per comprarlo. Ma la risposta dei francescani è chiara: "respingiamo ogni violenza e, come tutti sanno, la nostra missione ha un carattere solo umanitario", dice padre Bahjat Karakach, responsabile dei francescani di Aleppo. Quindi da oggi ha riaperto, proprio al Terra Santa College danneggiato dalle bombe, il panificio. E nell'edificio dei francescani al centro della città di Aleppo ha riaperto la mensa che fornisce mille pasti al giorno.


Zenari, l'ambasciatore del Papa a Damasco, in una conversazione con l'ANSA riferisce di essere "in contatto ogni giorno, ogni ora, con i vescovi, i religiosi, le religiose, i preti di Aleppo. In alcune zone c'è una calma sospetta, in altri posti sparatorie, poi cade qualche missile come accaduto ieri al Terra Santa College. La situazione è questa: è difficile".


"Finora i ribelli hanno rispettato una loro promessa, chiamiamola così, di non toccare i civili ma la gente è rinchiusa a casa, ha paura, non ci sono autorità alle quali fare riferimento, gli uffici governativi sono stati abbandonati e i civili sono tra i due fuochi". Un appello? "Non dimenticate la Siria, purtroppo era scomparsa dai radar dei media, l'instabilità qui rischia di propagarsi", dice Zenari ricordando il disastro, "mezzo milione di morti e tredici milioni di sfollati in quattordici anni di guerra. Ora aumenteranno. Non dimenticate la Siria", ripete Zenari.


Da Aleppo è padre Bahjat Karakach, responsabile dei Francescani locali, a condividere con l'ANSA la situazione di oggi. "I nostri due confratelli, fr. Samhar e fr. Bassam, stanno bene e son dovuti rimanere nel collegio fino a tarda ora per assicurare che il fuoco che ha distrutto un'ala della struttura si fosse del tutto spento con l'aiuto dei vigili del fuoco", dice parlando de due confratelli che, vivendo nel Collegio, per primi hanno dato l'allarme sul raid. "Il bombardamento ha causato gravi danni ad una struttura famosa grazie al bene che ha offerto e continua ad offrire a tutti gli aleppini, senza nessuna distinzione di appartenenza religiosa". Per questo, prosegue il francescano, "non ci spieghiamo le ragioni di questo atto e chiediamo alla comunità internazionale di intervenire e fare tutto il possibile per impedire tali violenze su una struttura religiosa". Riferisce anche che sta emergendo il problema di come seppellire i morti: "il cimitero si trova molto vicino alla frontiera con i gruppi armati curdi, che si dice abbiano messo dei cecchini e non lasciano passare nessuno".


"C'è il desiderio di tornare alla normalità, ma siamo coscienti che c'è bisogno di tempo. Speriamo non sia lungo".
Padre Bahjat Karakach racconta anche della difficile giornata di ieri che si è conclusa però con la messa, la prima di Avvento, segno di speranza: "C'era una grande presenza dei fedeli, ovviamente di quelli che sono rimasti in città, questo ci ha dato speranza e forza". 

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