Realismo ed ottimismo. Mark Rutte - scelto come nuovo segretario generale della Nato proprio per le sue doti da 'domatore' di Donald Trump - ha incontrato gli eurodeputati delle commissioni esteri e difesa per la prima volta da quando è entrato in carica. Ha rassicurato ma, allo stesso tempo, spronato. "Sono convinto che gli Usa resteranno nell'Alleanza - ha dichiarato senza battere ciglio a chi gli chiedeva conto delle inclinazioni del presidente eletto - ma dobbiamo sgomberare il campo da certi argomenti: serve spendere di più e meglio in difesa".
Certo, ma quanto? Il 5% come vuole Trump o basteranno cifre più compatibili con gli appetiti, e i bilanci, europei? Da qui al vertice dei leader della Nato di fine giugno è facile capire dove si concentrerà l'attenzione degli sherpa. La Polonia, che già oggi investe il 4,7% del Pil (che vale però la metà di quello dell'Italia), sostiene la proposta del tycoon e per bocca del ministro della Difesa, Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, dichiara l'intenzione di fare da pontiere tra Washington e la vecchia Europa (al Financial Times ha annunciato la presentazione agli omologhi di Italia, Germania, Francia e Regno Unito di un piano in proposito durante l'incontro a Varsavia). Proposta rinviata al mittente, di nuovo, dal cancelliere tedesco Olaf Scholz. "Il 5% equivarrebbe a oltre 200 miliardi di euro all'anno quando il bilancio federale non arriva nemmeno a 500 miliardi", ha affermato a margine di un evento della campagna elettorale a Bielefeld.
Rutte non ha voluto né impiccarsi ad una cifra di compromesso né sbilanciarsi in commenti sul tenore del Trump 2.0 viste le dichiarazioni sulla possibile annessione della Groenlandia - parte della Danimarca - o l'integrazione del Canada negli Stati Uniti. "Aspettiamo il 20 gennaio quando entrerà in carica", ha smorzato ribadendo però che fu proprio lui a spronare l'Europa a contribuire di più alla difesa collettiva. "E aveva ragione".
Sul quanto, l'ex premier olandese ed ex capo dei frugali ha rivelato che, stando ai piani difensivi regionali in corso di attuazione, gli alleati dovrebbero prendere in considerazione il "3,6-3,7%" del Pil. "Possiamo scendere se facciamo progressi dal punto di vista degli appalti congiunti e dell'innovazione", ha precisato. Con una richiesta precisa all'Unione Europea: evitare di creare "barriere artificiali" tra gli alleati europei e non nelle catene del valore ora che il dibattito si concentrerà sulle risorse da impiegare per sostenere l'industria bellica blustellata.
Parigi è sempre stata chiara sul punto: se ci sono soldi pubblici a sostegno del settore allora si dovrà privilegiare il made in Europe ma altre capitali sono meno nette. I leader Ue si vedranno il 3 febbraio prossimo allo Château de Limont, nella campagna belga, proprio per parlare di come dare impulso alla difesa europea e per l'occasione incontreranno a pranzo Rutte e a cena il premier britannico Keir Starmer.
Il segretario generale dell'Alleanza - rispondendo alle domande degli eurodeputati più sovranisti - ha gelato le aspettative di chi vorrebbe un'Unione Europea autarchica nella difesa. "E' un'illusione", ha tagliato corto. "Scordatevi il 5% perché senza gli Usa per la Nato europea ci vorrebbe almeno l'8% del Pil annuo e ci metteremmo non meno di 15 anni a costruirla", ha avvertito. La Nato, insomma, è il nostro futuro, oltre che il nostro presente e passato.
Sul tema è intervenuto oggi da Varsavia - dove ha incontrato i colleghi di Francia, Germania, Polonia e Gb - anche il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto sottolineando che le spese dedicate a questa voce "sono la garanzia per la sopravvivenza delle nostre democrazie, dei nostri Paesi e dell'Europa".