Europa

Migranti, sigillata la rotta dei Balcani. Ungheria, stato di emergenza

Tusk, chiusura decisione presa a 28

Redazione Ansa

Ancora stragi in mare. Cinque persone, tra cui un neonato di 3 mesi, sono annegate la scorsa notte nel mar Egeo mentre cercavano di raggiungere le coste dell'isola greca di Lesbo dalla Turchia. Lo riferisce l'agenzia statale Anadolu, secondo cui 9 migranti sono stati tratti in salvo dalla Guardia costiera turca. A bordo c'erano persone di nazionalità afghana e iraniana.

"L'Austria mantiene la sua politica, non farà passi indietro rispetto alla posizione che la rotta balcanica resta chiusa. I flussi incontrollati di migranti che si muovono nei Balcani deve diventare una cosa del passato", così il ministro dell'Interno austriaco Johanna Mikl-Leitner. "Il problema più grosso è che i profughi hanno ancora speranze e aspettative, che vengono continuamente alimentate - dice -. La cosa più onesta da fare, è dire loro che ormai è impossibile passare dai Balcani perché la rotta è chiusa".

 "Il flusso irregolare di migranti lungo la rotta dei Balcani occidentali è finito. Non è una questione di azioni unilaterali, ma una decisione comune a 28", così il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, su Twitter. "Ringrazio i Paesi dei Balcani occidentali per l'attuazione di parte della strategia globale europea per gestire la crisi dei migranti", aggiunge.

Il governo ungherese di Viktor Orban, intanto, ha proclamato lo stato di crisi in tutto il Paese, in seguito alla chiusura della rotta balcanica. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno Sandor Pinter oggi a Budapest, in conferenza stampa. In seguito a questa decisione, la polizia e i militari ungheresi saranno rafforzati con altri 1.500 soldati. 

Dalla mezzanotte la Slovenia ha di fatto chiuso la rotta balcanica ripristinando in pieno i controlli alle frontiere. La polizia consente l'ingresso solo agli stranieri in possesso di documenti validi per accedere all'area Schengen, a coloro che intendono richiedere la protezione internazionale e a chi necessita di assistenza umanitaria. Ieri il premier Miro Cerar, riferendosi alle conclusioni del summit di Bruxelles, aveva detto che la rotta balcanica non esiste piu'. "Un'intesa" sulle espulsioni collettive di stranieri "verso un Paese terzo non è in accordo con il diritto europeo e internazionale. Dovremo vedere quali saranno le garanzie. Non posso credere che l'Unione europea raggiunga un accordo di riammissione verso un Paese terzo con meno garanzie di quelle previste per la riammissione in un Paese dell'Ue". Così il direttore dell'Unhcr per l'Europa Vincent Cochetel sull'intesa tra l'Ue e la Turchia sui migranti.

Merkel, inopportune decisioni unilaterali Vienna: "Non sono grata all'Austria: ho trovato inopportuno che fossero prese decisioni in modo unilaterale". Lo ha detto Angela Merkel in una intervista alla tv SWR, a proposito delle misure prese da Vienna sulla limitazione degli accessi dei profughi nel Paese. L'Austria ha annunciato di recente l'introduzione di un tetto limite per i richiedenti asilo.Ieri grande passo in avanti.

Ankara alza la posta, intesa Ue 'ma solo sui principi'

Il vertice dei leader Ue con la Turchia sulla crisi dei migranti si chiude con un'intesa di principio, di fatto un modo per prendere tempo fino al prossimo vertice del 17 e 18 marzo. Il premier Matteo Renzi lasciando il summit parla di "piccolo passo avanti" ma ancora "molto resta da fare", mentre per la cancelliera tedesca Angela Merkel si tratta di "un'intesa sui principi generali che dovranno essere tradotti in iniziative". Fonti Ue indicano un endorsement al meccanismo di reinsediamenti 'uno a uno' proposto dalla Turchia, alla roadmap per Schengen e agli aiuti umanitari alla Grecia, ma la sostanza resta ancora tutta da mettere nero su bianco.

E' stato duro il negoziato tra i 28 leader europei di fronte alla nuova proposta di Ankara concordata all'ultimo minuto dal premier Ahmet Davutoglu con la cancelliera tedesca Angela Merkel ed il premier olandese Mark Rutte nella notte che ha preceduto il vertice Ue. Tra i più arrabbiati: lo stesso presidente del consiglio europeo Donald Tusk sentitosi scavalcato, dopo il lavoro condotto in prima persona la settimana scorsa, alla ricerca di un'intesa. Merkel e Rutte, col sostegno del presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker hanno spinto per arrivare ad un accordo, a costo di andare avanti ad oltranza nella notte. La cena prevista col premier turco per le 19 non c'è stata. Intorno alle 21, vista l'inconciliabilità delle posizioni, si sono sospesi i lavori per consultazioni e bilaterali, con l'obiettivo di trovare il consenso su un nuovo testo di dichiarazione.

Tra gli ossi più duri: il premier ungherese Viktor Orban, che ha posto il veto sul meccanismo di reinsediamenti dalla Turchia. Perplessità molto forti sono state espresse anche da Cipro, in merito all'apertura di nuovi capitoli negoziali. Molti Paesi, soprattutto quelli dell'Est ed i Baltici, hanno chiesto di rinviare tutto al vertice della settimana prossima (17 e 18 marzo) perché la proposta non è stata negoziata. Il presidente francese Francois Hollande ha storto il naso. E anche il premier Matteo Renzi, che come altri colleghi, a partire dal britannico David Cameron, ha sollevato la questione della libertà di stampa al pranzo col premier turco Ahmet Davutoglu, ha chiesto un riferimento nelle conclusioni del summit, minacciando altrimenti un veto. L'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini ha incontrato i leader di Cipro, Germania, Francia e Regno Unito.

Il Paese della Mezzaluna, che già ospita due milioni di rifugiati, ha proposto all'Ue un sistema di reinsediamenti secondo uno scambio di 'uno a uno', dicendosi disposto a riprendere tutti i migranti che hanno raggiunto illegalmente l'Ue da una certa data in poi (e non in modo retroattivo) - sia quelli economici che i richiedenti asilo - ma per ogni profugo siriano riammesso, chiede che i Paesi dell'Unione ne accolgano uno in modo legale dal suo territorio. In contropartita Ankara ha chiesto tre miliardi aggiuntivi (oltre ai tre già previsti) per il 2018, che l'Europa dovrebbe stanziare sulla base di progetti per migliorare le condizioni di vita dei profughi; l'apertura di cinque capitoli per il processo di adesione Ue (gli stessi che aveva messo sul tavolo già a novembre); la liberalizzazione dei visti a giugno, anziché ottobre; e 'aree umanitarie sicure' in Siria.

"E' il secondo vertice in tre mesi. Questo dimostra quanto la Turchia sia indispensabile per l'Ue" e viceversa, aveva detto Davutoglu al suo arrivo, sottolineando: "La Turchia è pronta ad essere un membro dell'Ue". L'Unione però non sembra altrettanto pronta e il vertice straordinario, che all'origine doveva durare una mezza giornata, si è trasformato in una lunga corsa a ostacoli. Durante il consesso c'è stata maretta anche sulla validità giuridica delle riammissioni prospettate. Alexis Tsipras dice di avere già un accordo in questo senso, altri però dubitano che sia giuridicamente sostenibile. Tra le varie opzioni circolate anche la possibilità di destinare i 54mila ricollocamenti, di cui mesi fa Budapest aveva rifiutato di beneficiare, ai reinsediamenti dalla Turchia. "Molti sono disponibili a questa ipotesi" anche alcuni Paesi di Visegrad, spiegano fonti diplomatiche.

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