Benjamin Herman, l'uomo che ieri ha ucciso tre persone a Liegi, aveva già ucciso un uomo la sera prima della strage. Lo ha confermato il ministro dell'Interno belga Jan Jambon alla radio Bel Rtl.
"Ci sono elementi, ma anche contro-elementi" che possono far parlare di terrorismo per la strage di ieri a Liegi, "ma dobbiamo aspettare i risultati dell'inchiesta", ha spiegato il ministro. "Ci sono inoltre segnali che dicono che" l'autore Benjamin Herman "si fosse radicalizzato in carcere, ma ci dobbiamo porre molte domande" su questo, ha aggiunto il ministro, così come sui "segnali che indicano che fosse drogato".
La procura federale ha confermato che il killer ha urlato più volte 'Allah Akbar': la prima volta in strada, dopo aver assalito e ucciso le due agenti, e la seconda uscendo dal recinto della scuola dove aveva preso in ostaggio una donna. Ma ancora si indaga sulla possibilità che in carcere sia entrato in contatto con persone radicalizzate, così come si cercano eventuali complici.
Terrore a Liegi, uccisi due poliziotte e uno studente
BRUXELLES, 29 MAG - Un'altra mattina di ordinaria follia in Belgio, che ha lasciato sul selciato del boulevard d'Avroy, in centro a Liegi, tre morti e quattro feriti. Benjamin Herman, un 31enne piccolo delinquente originario di Rochefort ma detenuto di lunga data, voleva colpire la polizia. E ha attaccato, aggredendole "selvaggiamente" con un coltello alla schiena per poi finirle a colpi di pistola, due poliziotte. Per poi freddare, questa volta a caso, un giovane a un passo dalla laurea in pedagogia, con l'unica colpa quella di essere seduto in un'auto nei paraggi. Vestito di nero, brandendo le armi al grido di 'Allahu Akbar' nella strada ormai svuotatasi di gente terrorizzata, il killer è stato abbattuto in una sparatoria da Far West, davanti a una scuola dove si era rifugiato prendendo in ostaggio una donna delle pulizie. Non schedato come radicalizzato ma presente in modo indiretto in tre dossier, sono ancora poco chiari i motivi che lo hanno spinto a compiere una strage che poteva essere ben più sanguinosa. La Procura ha aperto un'inchiesta per terrorismo. A sette anni dalla carneficina della Place Saint Lambert, dove un belga di origini marocchine aveva lanciato granate e sparato sulla folla dei mercatini di Natale, la Città Ardente è ripiombata nello shock. Verso le 10.30, in una delle arterie principali della città, scatta l'attacco: il killer attacca alle spalle due donne poliziotto con un'arma bianca, si impossessa delle loro armi d'ordinanza e le finisce. Poi continua la sua strada e uccide un ragazzo seduto nel sedile passeggero di un'auto. Inseguito dalla polizia, filmato da un balcone da una donna mentre grida "Allahu Akhbar" e che senza paura lo interpella insultandolo anche con un 'vaffa' in italiano, si rifugia nell'istituto scolastico Léonie de Waha, dove all'ingresso blocca una donna delle pulizie, poi rilasciata illesa. La brigata antibanditismo lo aspetta davanti al portone d'ingresso: il 31enne, in un ultimo attacco suicida, spara all'impazzata con le due pistole sottratte alle due agenti uccise, ferisce 4 poliziotti di cui due alle braccia e due alle gambe, quando viene finalmente ucciso. Il panico è generale: la gente terrorizzata comincia a correre per strada, a rifugiarsi in caffè e negozi che vengono sprangati, mentre la scuola viene evacuata dal retro. La paura è tanta: subito messo in piedi il sostegno psicologico per vittime e presenti al momento di terrore, mentre i ragazzini non andranno a scuola per qualche giorno. Sospesi anche gli esami universitari alla Haute Ecole, dove doveva laurearsi la terza vittima, un 22enne che la madre aveva accompagnato in macchina a consegnare la tesi di laurea per diventare insegnante. Mentre 3 su 4 poliziotti feriti sono ancora in ospedale di cui uno tuttora in pericolo di vita, le due poliziotte uccise, di 53 e 45 anni, lasciano una due gemelle di 13 anni già orfane di padre e l'altra un figlio di 25 anni. La città, che deve ancora cercare di capire cosa sia successo, metterà le bandiere a mezz'asta e osserverà un minuto di silenzio. Tutte le domande convergono sul profilo di Benjamin Herman: classe 1987, nato nel paesino della birra trappista Rochefort, senza più rapporti con la famiglia, era in carcere già dal 2003 per reati minori ma noto come violento. Doveva uscire nel 2020, ed era al suo 14esimo permesso carcerario finalizzato al suo reinserimento. Tutto era filato liscio sinora, ed era difficile immaginare la strage, si è difeso il ministro della giustizia belga Koen Geens. Il sospetto è che si sia radicalizzato in carcere, ma dagli elementi raccolti il premier ha per ora invitato a "non qualificare" il killer. "L'obiettivo dell'assassino era attaccare la polizia, perché è quello che ha fatto sin dall'inizio", ha detto il capo della polizia di Liegi Christian Beaupère. I media belgi riportano anche l'ipotesi di un legame con l'omicidio di un ex detenuto avvenuta la scorsa notte a Marche-en-Famenne, dove era detenuto il killer, e di un furto in una gioielleria a Rochefort.