La Russia ha inferto un colpo durissimo nella guerra del grano: i suoi droni hanno attaccato il principale porto ucraino sul Danubio, Izmail, infrastruttura cruciale per le esportazioni di Kiev dopo il blocco reimposto da Mosca nel Mar Nero. I danni sono stati ingenti, decine di navi si sono dovute fermare prima dell'attracco, ed è scattato l'allarme in Romania, paese Nato i cui confini si trovano sulla sponda opposta del fiume. Anche Recep Tayyp Erdogan si è detto preoccupato per questa escalation. Il leader turco, principale mediatore del patto sul grano decaduto a metà luglio, ne ha parlato al telefono con Vladimir Putin. Chiedendo al presidente russo di rientrare nell'intesa o quanto meno di non "alzare ulteriormente la tensione". Il porto fluviale di Izmail, nella regione di Odessa, che insieme a quello di Reni è diventato il principale snodo d'uscita dei prodotti agricoli ucraini, è stato colpito dai russi nella notte.
Nelle ore successive l'esercito ucraino ha diffuso un video che mostrava un grosso incendio ad un edificio di una compagnia di navigazione, altre strutture gravemente danneggiate, mentre il grano fuoriusciva da almeno due silos distrutti. Non ci sono state vittime, ma le operazioni di carico sono state sospese e le navi mercantili straniere hanno gettato l'ancora alla foce del Danubio. Secondo il ministero ucraino delle infrastrutture questo raid è costato 40mila tonnellate di grano, che erano dirette in Cina, Israele e Africa. E i prezzi sul mercato internazionale sono schizzati, tanto che Volodymyr Zelensky ha parlato di un "attacco alla sicurezza alimentare mondiale". L'ennesimo attacco, se si considera che Mosca, da quando ha stracciato il patto sull'export con Kiev, il 17 luglio scorso, avrebbe colpito 26 strutture portuali ucraine distruggendo fino a 180mila tonnellate di cereali in pochi giorni. Stavolta, però, la potenza di fuoco russo si è allargata pericolosamente, avvicinandosi ai confini della Nato.
Sulla sponda opposta di Izmail, ad appena tre chilometri, c'è infatti la Romania, che ha protestato al più alto livello. Il presidente Klaus Iohannis ha definito questi attacchi vicino al confine "inaccettabili". Il dossier grano è stato al centro di un colloquio telefonico tra Erdogan e Putin. Tra i due leader, nonostante le ottime relazioni e la disponibilità dello zar ad una visita in Turchia, le posizioni su questo dossier restano distanti. Il presidente turco ritiene che "la fine dell'accordo per le esportazioni dall'Ucraina, dopo l'uscita della Russia, non gioverà a nessuno".
Invece Mosca non sembra intenzionata a fare passi indietro. Il Cremlino ha fatto sapere che rientrerà nel patto "non appena l'Occidente adempirà effettivamente a tutti gli obblighi nei confronti della Russia", ossia l'eliminazione delle restrizioni all'export dei suoi cereali e fertilizzanti. E nella visione di Putin, i raid ai porti ucraini possono servire come incentivo in questa direzione. Proprio la regione di Odessa, dove si trova il principale scalo ucraino nel Mar Nero, è stata oggetto di un'altra serie di attacchi delle forze di invasione, che hanno colpito anche l'oblast di Kiev e la capitale, con droni di fabbricazione iraniana. Sul fronte opposto i media ucraini hanno segnalato esplosioni nella base militare russa in Crimea, mentre il traffico automobilistico sul ponte di Kerch già colpito dalle forze ucraine è stato temporaneamente sospeso, senza spiegazioni. In serata, tra l'altro, il ministro della difesa ha annunciato la limitazione della navigazione sull'omonimo stretto. Intanto la Russia ha annunciato esercitazioni militari nel Baltico, con 30 navi da guerra e imbarcazioni della Marina, più di 30 aerei e circa 6.000 militari. E proprio in quest'area si è registrato un nuovo episodio di tensione tra Polonia e Bielorussia. Varsavia ha denunciato che due elicotteri di Minsk hanno sorvolato il suo spazio aereo, ed ha protestato convocando l'incaricato d'affari di Lukashenko.
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