Medio Oriente

A Gaza odissea dei feriti in fuga dall'inferno

Tra la gente in trappola e con gli ospedali al collasso

La frontiera a Rafah

Redazione Ansa

 Prima la speranza, poi l'amara delusione. Da giorni Hamas cercava di convincere l'Egitto a riaprire il valico di Rafah, ma invano. Oggi, quando il bilancio delle perdite palestinesi a Gaza aveva raggiunto la cifra di 80 morti e di 575 feriti, finalmente è giunta la attesa 'luce verde' dal Cairo. Dieci feriti particolarmente gravi hanno allora raggiunto in ambulanza il valico di Rafah per passare nel Sinai, ma ad attenderli c'erano innanzi tutto lungaggini burocratiche. E alla fine la maggior parte sono stati respinti.

    "In definitiva solo due sono stati autorizzati a passare, mentre gli altri otto sono stati costretti a tornare all'ospedale Shifa di Gaza" ha detto all'ANSA Maher Abu Sabha, il responsabile del valico, senza nascondere l'indignazione. Per quale ragione? Fra le righe lascia intendere che in Egitto erano indesiderabili.

    Tornare a Shifa vuol dire, in questi giorni, tornare in una specie di mattatoio. Secondo il responsabile dei servizi medici nella Striscia, Ashraf al-Kurdi, quell'ospedale è sull'orlo del collasso. I suoi 1500 medici ed infermieri lavorano quasi 24 ore al giorno. Ma anche così le strutture dell'ospedale sono sempre più intasate, le sale operatorie congestionate, e le scorte di medicinali ai limiti di emergenza. La maggior parte dei feriti ha bisogno di cure immediate. Sono stati tutti estratti dalle macerie delle loro case, rase al suolo da bombe di una tonnellata lanciate dagli F16 israeliani. E addosso hanno scorie di metallo. In assenza di aiuti, secondo al-Kurdi, questo ospedale può resistere ancora un paio di giorni al massimo. Poi non potrà più aiutare nessuno.

    Comprensibile dunque il senso di sollievo provato dalle equipe mediche quando i mezzi di comunicazione egiziani hanno annunciato la riapertura del valico di Rafah e l'invio sul posto di una decina di ambulanze. Un annuncio che aveva il sapore della speranza. Al Shifa una commissione medica ha dunque scelto i dieci feriti, i più gravi, che con maggiore urgenza dovevano raggiungere gli ospedali egiziani.

    "Ma quando il valico è stato riaperto - prosegue Maher Abu Sabha - i primi a transitare sono stati cittadini egiziani che erano rimasti bloccati a Gaza. Poi sono cominciati i controlli burocratici, e infine otto pazienti sono stati respinti". Da Rafah al Cairo ci sono circa sei ore di viaggio: all'ospedale Shifa gli egiziani hanno consigliato dunque di non inoltrare domani pazienti estremamente gravi, che rischierebbero di non giungere vivi a destinazione, ma piuttosto persone con ferite di media gravità. E la speranza si è trasformata in delusione.
   

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