Nella controversia che in questi giorni oppone l'Arabia Saudita, sunnita, e l'Iran, sciita, si sono schierati con Riad altri quattro dei cinque Paesi che compongono con i sauditi il Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg). Cioé Kuwait, Emirati arabi uniti, Qatar e Bahrein.
Quest'ultimo ha rotto formalmente le relazioni diplomatiche con l'Iran, come ha fatto l'Arabia Saudita, e la Somalia oggi. Gli altri tre hanno richiamato gli ambasciatori, mantenendo le relazioni a livelli inferiori. Il sesto Paese membro del Ccg, l'Oman, ha criticato aspramente l'assalto all'ambasciata saudita a Teheran, ma non ha seguito gli altri Paesi del Golfo.
Anche Sudan e Gibuti si sono schierati decisamente con l'Arabia Saudita rompendo le relazioni diplomatiche con l'Iran.
Decisamente sul fronte saudita è anche il governo dello Yemen, guidato dal presidente Abd Rabbo Mansur Hadi che per molti mesi lo scorso anno è stato in esilio a Riad.
Sebbene mantenendo un atteggiamento meno apertamente ostile, anche la Turchia ha fatto capire di stare dalla parte saudita.
Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha infatti detto che l'esecuzione da parte di Riad dello Sheikh sciita Nimr al Nimr, che ha scatenato la disputa, è un affare interno dell'Arabia Saudita.
Dalla parte dell'Iran sta il governo siriano del presidente Bashar al Assad, appartenente alla setta sciita degli alawiti.
Anche l'Iraq, con il governo sciita di Haidar al Abadi, è in linea di massima schierato con Teheran, ma mantiene un atteggiamento più prudente, avendo deciso solo recentemente di riaprire l'ambasciata saudita a Baghdad dopo 25 anni. Con l'Iran sono anche i ribelli sciiti Houthi dello Yemen e, in Bahrein, la maggioranza della popolazione, che è sciita, mentre la dinastia al potere è sunnita. Il Libano, infine, è diviso tra uno schieramento a guida sciita, con il movimento Hezbollah, che sta con l'Iran, e l'altro sunnita dalla parte dell'Arabia Saudita.