Dal parlamento turco arriva il previsto via libera all'invio di truppe in Libia per puntellare il governo riconosciuto dalle Nazioni Unite di Fayez al-Sarraj ma almeno per il momento non sembra essere l'annuncio di una guerra imminente, quanto piuttosto un modo per esercitare la massima pressione possibile e una forma di deterrenza su Khalifa Haftar. Se il generale che da aprile cerca di conquistare Tripoli decidesse di ritirare le sue truppe, spiegano dalla capitale turca, Ankara non invischierebbe i suoi militari in un conflitto che secondo stime Onu finora ha causato la morte di oltre 2.000 combattenti e più di 280 civili.
Il voto al parlamento turco era in origine previsto per la prossima settimana ma si è deciso di anticiparlo per le difficoltà incontrate dal governo libico dell'Unione nazionale (Gna) a Tripoli, dove si è intensificata negli ultimi giorni l'offensiva militare delle forze di Haftar.
In una sessione parlamentare straordinaria, i parlamentari turchi hanno dunque approvato con un'ampia maggioranza - 325 deputati a favore e 184 contrari - una mozione che per un anno consentirà al presidente Recep Tayyip Erdogan l'opzione di mandare soldati sul terreno. Una mossa che rischierebbe secondo molti di trascinare nuovamente il Paese nell'inferno di una guerra civile senza esclusione di colpi. A esprimere preoccupazione in tal senso sono stati in primis l'Italia, che continua a spingere per l'invio di una missione diplomatica dell'Ue, e la stessa Unione europea ma anche gli Stati Uniti con Trump che in una telefonata con Erdogan ha messo in guardia contro ogni "interferenza straniera".
"Il voto del Parlamento turco sulla Libia aumenta le tensioni in un quadro già drammatico", ha ammonito il viceministro degli Esteri Marina Sereni.
Nei giorni scorsi era stato il premier Giuseppe Conte a telefonare a Erdogan per "scongiurarlo" di evitare la svolta militare. Subito dopo il voto di Ankara anche Bruxelles ha ribadito il suo appello a "cessare tutte le azioni militari e riprendere il dialogo politico" e messaggi allarmati sono arrivati dai Paesi confinanti Algeria e Egitto e dalla Lega Araba, che si oppone a ogni ingerenza straniera nel Paese.
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