Medio Oriente

'È l'anno nuovo, pensiamo solo a Kfir e Ariel'

Un parente dei Bibas racconta lo strazio per la famiglia rapita

Kfir e Ariel

Redazione Ansa

"E' molto tempo che non abbiamo notizie dei bambini, né dei loro genitori. Il 2 ottobre comincia Rosh haShana, il nuovo anno: per gli ebrei significa un nuovo inizio, nuovi pensieri e progetti per la vita. L'anno scorso abbiamo festeggiato insieme, abbiamo passato il tempo con i bambini, Ariel correva dappertutto, giocava. Kfir era un neonato. Ora sono da qualche parte a Gaza. Non riusciamo a pensare ad altro".

Tomer è un cugino della famiglia Bibas: i genitori, Shiri e Yarden, e i figli di 9 mesi e 4 anni sono stati rapiti da Hamas il 7 ottobre 2023 nel kibbutz di Nir Oz. Kfir ha compiuto un anno in prigionia, Ariel ha fatto 5 anni. La madre è con loro, il padre è stato rapito separatamente. Avrebbero dovuto essere liberati nell'accordo di novembre e non è successo. Israele non ha informazioni sulla loro sorte da 11 mesi. L'intelligence ha detto ai familiari di star facendo tutto ciò che è umanamente possibile per trovarli, vivi o morti. Ma non ci sono tracce.

Il video di Shiri che tiene in braccio i suoi due bambini dai capelli rossi proteggendoli con una copertina, con lo smarrimento e il terrore negli occhi, mentre vengono portati via dai terroristi ha spezzato il cuore al mondo. "Abbiamo parlato molte volte con il direttore del Mossad David Barnea", racconta Tomer.

"Ci ha promesso che niente viene tralasciato per ritrovare i nostri cari, che ci stanno lavorando giorno e notte". In un altro filmato, pubblicato in aprile, girato dai terroristi oltre che dalle telecamere professionali di giornalisti palestinesi, si vede Yarden Bibas portato su una motocicletta, sulla strada tra il kibbutz e Gaza: un gruppo di civili della Striscia circonda il mezzo, uomini urlano, cominciano a tirargli la barba, i capelli, le orecchie. Poi uno di loro prende un oggetto, forse una pietra, e colpisce l'ostaggio più volte in testa, il viso di Yarden si riempie di sangue. "Noi viviamo in pace, è quello in cui abbiamo sempre creduto. Tutta la nostra famiglia ha sempre sostenuto la convivenza, il dialogo tra ebrei e palestinesi", vuole sottolineare Tomer.

"Il 7 ottobre ci ha devastato, non soltanto per quello che è successo a noi, ma per tutto ciò che significa nei rapporti tra israeliani e palestinesi. Non è facile accettare che non c'è una possibilità per la pace. La mia famiglia viveva nel kibbutz a poche centinaia di metri dalla Striscia, non avremmo mai potuto immaginare quel massacro", dice. Alla fine di novembre Hamas ha postato riprese con Yarden Bibas mentre viene informato in diretta che i suoi bambini e la moglie sono stati uccisi da un bombardamento israeliano. Nessuna prova è stata trovata dall'Idf. Le ricerche sono state fatte in ogni edificio colpito.

"Prima di trascinare via l'intera famiglia a Gaza, i terroristi hanno ucciso a colpi di mitra la nonna davanti agli occhi della figlia Shiri e dei bambini. Erano tutti insieme per la fine delle festività di Simchat Torah e lo Shabbat", ricorda Tomer. Nella comunità di Nir Oz un quarto dei 400 residenti è stato ucciso o rapito. E' stato uno dei kibbutz aggredito con maggiore furia dai terroristi. I soccorritori hanno affrontato uno sterminio con modalità mai viste prima. Molte persone che si pensava fossero state rapite sono state invece dichiarate morte dopo che medici legali e archeologi hanno trovato prove di Dna tra la cenere delle case bruciate. Ora nessuno più vive nel kibbutz, gli abitanti che si sono salvati non sono più tornati. "Il primo passo per ricominciare a vivere per tutti noi è riportare a casa gli ostaggi. L'unico modo per avere la pace in Medio Oriente è che li rilascino", conclude Tomer, a voce bassa, chiuso in una tristezza insondabile.

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