Medio Oriente

Chi era Sinwar, il macellaio di Gaza, mente del 7 ottobre

Dalla scarcerazione in cambio di Shalit ai massacri del 7 ottobre. La sua ascesa all'interno del gruppo dirigente di Gaza si è basata sulla sua reputazione: spietato e violento

Redazione Ansa

"Voi europei non capite l'Islam, quindi non potete comprendere un uomo come Yahya Sinwar", spiegò all'ANSA un analista israeliano preferendo restare anonimo, "ma questa volta neppure a noi è stato chiaro che cosa avesse in testa veramente". Di lui l'esercito ricorda una frase: "Abbatteremo il confine con Israele e strapperemo il cuore dai loro corpi". Alla fine l'hanno fatto davvero, ma resta comunque un enigma la decisione di entrare in azione proprio quel 7 ottobre, nonostante i maggiori esperti di geopolitica abbiano individuato nell'interesse di Vladimir Putin spostare il faro dalla guerra in Ucraina per puntarlo sul Medio Oriente. Con l'aiuto sostanziale dell'Iran.

Per Sinwar, responsabile numero uno di quel sabato nero in cui furono massacrati più di 1.400 israeliani, sono stati usati tanti aggettivi: crudele, carismatico, manipolatore, influente. Un insieme di caratteristiche esplosive miscelate nella mente di un uomo rimasto in un carcere israeliano per 22 anni dopo una condanna a diversi ergastoli per l'omicidio di tre soldati dell'Idf e 12 palestinesi sospettati di collaborare con lo Stato ebraico.

Di lui si ricordano bene gli agenti dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano, che lo interrogarono verso la fine degli anni '80: "Con spavalderia si prese la responsabilità della punizione inflitta a un sospetto informatore. Ha convocato il fratello dell'uomo, un membro di Hamas, e lo ha costretto a seppellirlo vivo buttandogli addosso terra e terra fino a che non è soffocato. Questo è Yahya Sinwar".

Nel 2006 uscì dal carcere con altri mille detenuti palestinesi in cambio del rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit, prigioniero di Hamas a Gaza per oltre 5 anni.

Quegli anni in cella li aveva impiegati per studiare il nemico, imparando l'ebraico e leggendo tutti i libri a disposizione sui padri di Israele, da Vladimir Jabotinsky a Menachem Begin, a Yitzhak Rabin.

Tornato libero, dichiarò in tv: "Sappiamo che Israele dispone di 200 testate nucleari e della forza aerea più avanzata della regione. Noi non abbiamo la capacità di smantellare Israele". Era un inganno. Mostrarsi deboli per spostare l'attenzione da sé e colpire al momento giusto. Missione che molti gli riconoscono purtroppo di aver compiuto. Cresciuto nella zona più derelitta di Gaza, a Khan Younis, era comparso sulla scena politica con i suoi consigli dal terreno al fondatore di Hamas, il famigerato sceicco Ahmed Yassin, anche lui alla fine eliminato da Israele.

Nel 2017 fu eletto leader del gruppo per tutta Gaza, sostituendo Ismail Haniyeh, secondo alcuni 'promosso' a fare il capo di Hamas all'estero, in Qatar. In realtà semplicemente tolto di mezzo. Poi Sinwar, detto Abu Ibrahim, fu rieletto nel 2021. I metodi violenti contro oppositori e spie palestinesi hanno contribuito a farne un leader di spicco, tanto amato dalla sua gente quanto temuto. L'intelligence israeliana ne ha più volte ricordato il popolare soprannome a Gaza: 'il macellaio di Khan Yunis', di cui gli stessi membri di Hamas avevano paura. La sua ascesa all'interno del gruppo dirigente di Gaza si è basata proprio su una reputazione di crudeltà e violenza, che ha attecchito tra i ranghi più alti della fazione.

Dopo il 7 ottobre, il capo di Stato maggiore israeliano Herzi Halevi aveva avvertito: "Questo attacco atroce è stato orchestrato da Yahya Sinwar. Lui e i suoi uomini sono già morti". Anche Benyamin Netanyahu lo aveva definito "un morto che cammina", paragonandolo a "un piccolo Hitler". Dopo oltre un anno passato a nascondersi come un fantasma tra i tunnel di Gaza, quelle profezie si sono finalmente avverate a Rafah.

Leggi l'articolo completo su ANSA.it