Israele teme che la Siria si trasformi in un'ennesima minaccia e ha giocato d'anticipo. Con una maxi operazione aerea, denominata Fionda di Bashan, ha distrutto "l'80% delle capacità militari siriane", navi, aerei e missili. Con l'obiettivo, ha rivendicato il premier Benyamin Netanyahu, che "non finiscano nelle mani dei jihadisti", saliti al potere a Damasco dopo la fuga di Bashar al Assad. E con l'intenzione di creare una zona cuscinetto demilitarizzata, oltre la Linea Alpha di confine, ma "senza una presenza israeliana permanente", ha assicurato il ministro degli Esteri Israel Katz.
Un'operazione che al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha sostenuto l'avanzata dei ribelli dell'Hts fino a Damasco, appare una vera e propria "aggressione" più che una manovra difensiva, che mette a rischio la stabilità della Siria.
Posizione espressa sia al segretario generale della Nato, Mark Rutte, che in una telefonata con la premier italiana Giorgia Meloni, alla quale Erdogan ha ribadito come sia "imperativo che la Siria venga liberata dal terrorismo". La presidente del Consiglio ha convenuto sull'importanza di "preservare l'unità e l'integrità territoriale della Siria, assicurando una transizione pacifica" e insistito "sull'assoluta necessità di garantire l'incolumità dei civili".
Meloni ha convocato per venerdì una riunione virtuale del G7: inizialmente previsto come vertice di fine presidenza di turno (scadrà il 31 dicembre), sarà l'occasione per discutere anche degli ultimi sviluppi in Siria e, secondo una prima bozza di comunicato resa nota da Bloomberg, la tutela delle minoranze sarà condizione necessaria posta al nuovo governo siriano per ottenere il sostegno dei Sette Grandi. Gli Stati Uniti - ha fatto sapere il segretario di Stato uscente Antony Blinken - esigono un processo di transizione "inclusivo e trasparente", che dia assistenza umanitaria ai civili, distrugga le armi chimiche, e impedisca alla Siria di tornare a essere "una base del terrorismo" o "una minaccia per i suoi vicini".
"Se il nuovo regime in Siria permetterà all'Iran di tornare a stabilirsi o permetterà il trasferimento di armi a Hezbollah, risponderemo con forza e gli faremo pagare un prezzo pesante", ha avvertito dal canto suo Netanyahu. "Siamo intenzionati a fare tutto il necessario per garantire la nostra sicurezza", ha ribadito, spiegando di aver "autorizzato l'aviazione a bombardare capacità militari strategiche lasciate dall'esercito siriano". Una potenza di fuoco che in 48 ore ha compiuto complessivamente 480 raid aerei in tutta la Siria, distruggendo "la maggior parte delle scorte di armi strategiche": aerei, missili, navi militari, carri armati e siti di produzione di armamenti a Damasco, Homs, Tartus, Latakia e Palmira, ha confermato l'Idf. La Marina israeliana ha inoltre distrutto gran parte della flotta militare che è stata di Assad, mentre secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani un numero imprecisato di soldati lealisti sarebbero morti negli attacchi aerei sulle basi militari in cui si erano rifugiati in attesa di poter fuggire.
Secondo Netanyahu, l'operazione Fionda di Bashan (dal nome biblico della regione sudoccidentale della Siria) "è simile a ciò che fece la Royal Air Force britannica quando bombardò la Marina del regime di Vichy che collaborava con i nazisti, per impedire che finisse proprio nelle mani dei nazisti".
Stando però a un video verificato da fonti sul terreno, a Latakia, lasciata in fretta e furia dalle forze russe, sono già rispuntate le bandiere nere dell'Isis, mentre altri filmati provenienti da diverse città mostrano esecuzioni sommarie di esponenti dell'ex regime. Non è chiaro quanto il nuovo governo di Damasco - che tenta di accreditarsi come tollerante e affidabile - riesca a controllare il Paese e le varie milizie che hanno contribuito alla caduta di Assad. Muhammad al Bashir, fedelissimo di Abu Mohammed al Jolani, è stato nominato formalmente nuovo premier di transizione "per gestire gli affari correnti" fino al primo marzo. La nuova leadership ha avuto anche una prima riunione con diversi ambasciatori, compreso - unico occidentale - l'italiano Stefano Ravagnan. Un incontro giudicato "positivo" dai nuovi signori di Damasco, e conclusosi con "la promessa" da parte dei diplomatici di "un coordinamento di alto livello". (ANSA).