Nord America

Biden-Trump, sfida al confine sull'emergenza migranti

Rimpallo di accuse, il tycoon torna in tribunale in Florida

Biden-Trump, sfida al confine sull'emergenza migranti

Redazione Ansa

Per uno è "un'invasione di milioni di criminali e psicopatici", per l'altro una crisi "da affrontare insieme senza strumentalizzazioni politiche". Donald Trump e Joe Biden volano lo stesso giorno al confine tra il Texas e il Messico ma la distanza tra i due approcci al dramma dei migranti non potrebbe essere più ampia.

Da Eagle Pass, uno delle città al centro della crisi, il tycoon ha accusato le politiche del presidente democratico e ha assicurato che se tornerà alla Casa Bianca userà il pugno duro lanciando un piano di "deportazioni di massa" dei richiedenti asilo e promettendo la grazia agli agenti che lo attueranno.

A qualche centinaia di chilometri di distanza, nella cittadina texana di Brownsville, Biden ha ringraziato le forze dell'ordine per il lavoro che svolgono ogni giorno e ha attaccato il suo avversario rimproverandogli di non pensare all'interesse degli americani. "Invece dei giochi politici e delle richieste di ostruzionismo, Trump dovrebbe unirsi a me nel dire al Congresso di approvare il compromesso che era stato raggiunto. Possiamo farlo insieme".

Tuttavia, l'accordo al Congresso sulla legge di bilancio nella quale sono previsti gli aiuti ad Israele, Ucraina e per la sicurezza dei confini è ancora lontano. Dopo mesi di trattative serrate in Senato era stato raggiunta un'intesa sull'immigrazione che avrebbe permesso lo stanziamento di ulteriori risorse e concesso al commander in chief i poteri di chiudere, se necessario, i punti di accesso alle froniere. Un compresso "bipartisan, in cui nessuno ha ottenuto tutto quello che voleva e che alla fine è stato bocciato dai trumpiani estremisti.

Se la questione migranti è una delle più calde di questa campagna elettorale, sia Biden che Trump hanno in questi giorni anche altri nodi da sciogliere. Il presidente dovrà affrontare il discorso sullo Stato dell'Unione, che terrà a Capitol Hill giovedì 7 marzo, senza aver compiuto nessun passo in avanti verso una tregua a Gaza, anzi con una situazione sempre più tragica e l'alleato Benjamin Netanyahu che rifiuta ogni proposta di Washington.

Il tycoon, invece, è alle prese con l'udienza in Florida sul caso delle carte segrete a Mar a Lago durante la quale la giudice Aileen Cannon potrebbe decidere la data di inizio del processo. Il procuratore speciale Jack Smith ha proposto l'8 luglio, poco prima quindi della convention repubblicana di Milwaukee del 15-18 luglio che dovrebbe incoronare Trump consegnandogli la nomination. I legali dell'ex presidente puntano invece a rimandare il processo a dopo le elezioni, ma propongono come alternativa il 12 agosto.

Nelle stesse ore in Georgia si decide il futuro di un altro procedimento contro il tycoon, forse il più grave, quello per il tentativo di sovvertire i risultati delle elezioni del 2020. Gli avvocati di Trump stanno cercando di far esautorare dal caso la procuratrice della contea di Fulton Fani Willis, accusata di conflitto di interesse per la sua relazione con Nathan Wade, il collega che ha ingaggiato per istruire l'inchiesta, e la decisione dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. all'attacco.

L'unica avversaria del tycoon nella corsa per la nomination, Nikki Haley, lo attacca proprio sui tanti i casi aperti sottolineando la necessità che sia processato prima delle elezioni di novembre. "Dobbiamo sapere cosa succede prima del voto perché dopo, se dovesse diventare presidente, non ne sentiremo più parlare", ha detto l'ex governatrice della South Carolina precisando che Trump ha il diritto di difendersi ma i suoi problemi legali devono essere affrontati rapidamente.

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