Con un discorso potente di soli 45 minuti, Kamala Harris accetta la nomination alla presidenza "per conto di tutti coloro la cui storia può essere scritta solo nella più grande nazione sulla terra".
Accolta da una interminabile ovazione al suo ingresso - ha richiamato scherzando il pubblico, 'mettiamoci al lavoro' -, Harris è radiosa. "Non torneremo indietro", assicura e la convention ripete con lei quello che è ormai diventato lo slogan della campagna. "Questa non è solo l'elezione più importante della nostra vita ma di una generazione", aggiunge, augurando buon decimo anniversario di matrimonio al marito Doug. " Ti amo", è il messaggio che gli manda. Il suo secondo pensiero va subito a Joe Biden: "Il tuo record da presidente è straordinario io e Doug ti saremo grati per sempre".
Con l'elezione, ha poi spiegato, "abbiamo l'occasione preziosa di superare il cinismo, il rancore e le divisive battaglie del passato. Abbiamo la chance di tracciare una nuova strada da seguire. Non come membri di un partito o di una fazione ma come americani". E' proprio agli americani che la vicepresidente si rivolge direttamente. A loro assicura che sara' la presidente "di tutti" e racconta la sua storia, le difficolta' della sua famiglia, la separazione dei genitori.
"Mia madre mi manca ogni giorno ma ora più che mai", confessa Harris ricordando che e' stata sua madre a crescere lei e la sorella Maya quando i suoi genitori si sono separati. "Mia madre era una dura: ci ha insegnato a non lamentarci delle ingiustizie ma a fare qualcosa per cambiarle", dice la vicepresidente, prima di attaccare Donald Trump.
"E' una persona non seria ma le conseguenze di riaverlo alla Casa Bianca sono estremamente serie. Considerate il potere che avrà, soprattutto dopo che la Corte Suprema gli ha concesso l'immunità", spiega assicurando che non si alleera' mai con i dittatori come l'ex presidente e che resterà a fianco dell'Ucraina, nella Nato e con l'Europa. Harris si sofferma anche sullo spinoso tema di Gaza che spacca i democratici.
Promette che chiuderà l'accordo per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi: "io e il presidente lavoriamo senza sosta per mettere fine alla guerra in modo che Israele sia sicuro, le sofferenze a Gaza finiscano e i palestinesi possano realizzare l'aspirazione alla loro autodeterminazione".
La vicepresidente affronta anche il nodo dell'immigrazione, suo tallone di Achille che la espone a forti critiche da parte dei repubblicani. Harris si e' impegnata a intervenire e riformare il sistema dell'immigrazione, anche offrendo un percorso di cittadinanza a chi lo merita, e risolvere l'emergenza al confine. Sull'economia la vicepresidente si impegna ad aiutare la classe media, da cui lei stessa proviene, e le famiglie.
Una volta terminato il discorso più importante della sua carriera politica, Harris è raggiunta sul palco dal marito, il candidato alla vicepresidenza Tim Walz e la moglie Gwen, tutti accolti da una pioggia di 100.000 palloncini mentre suonano le note di Fredeom di Beyonce'.
La superstar era attesa e molte indiscrezioni ne indicavano la presenza ma Beyonce' sul palco non è salita. A dare spettacolo è stata Pink, ma anche una serie di star di Hollywood, da Kerry Washington a Eva Longoria.
Molti importanti nomi della politica si sono avvicendati esortando gli americani a votare per Kamala Harris, una "tosta, una di noi", come l'ha descritta la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer.
Sul palco salgono anche le mamme, le insegnanti e i compagni di bambini uccisi nelle stragi a scuola - da Sandy Hook in Connecticut a Uvalde in Texas. Un momento drammatico che ha ricordato quanto la piaga della violenza delle armi sia diffusa negli Stati Uniti. "Kamala Harris sarà una grande presidente, e affronterà e batterà la lobby delle armi", dice determinata Gabby Giffords, l'ex deputata democratica colpita da una pallottola nel corso di una sparatoria nel 2011 in cui furono uccise sei persone. Gifford si salvo' per miracolo. Da allora si è lanciata in una battaglia serrata contro le armi, nella quale Harris è già impegnata in prima fila.
Sul palco anche i `Central Park Fiveï, i cinque afroamericani che da teenager furono carcerati per decenni per un crimine mai commesso. Per loro, accusati di aver stuprato e ridotto in fin di vita una ragazza che correva a Central Park nel 1989, Trump chiese la pena di morte acquistando pagine sui quotidiani locali.