"Con me cascano male". Non si fa intimorire, Matteo Renzi. E lo ribadisce, perché non ci siano dubbi: si va avanti sulla strada tracciata dal governo con il Jobs act. Perché, è il messaggio che invia ai sindacati e alla sinistra Pd, "l'Italia deve cambiare", a partire dal mondo del lavoro. E non hanno ragione d'essere gli allarmi e le proteste, perché "nessuno vuole togliere diritti ma darli a chi non li ha avuti" finora. Parole che la minoranza Pd e la Cgil leggono come "ideologiche" e "strumentali" ad alimentare lo scontro, senza entrare nel merito delle modifiche invocate alla delega sul lavoro. "Il governo abbia il coraggio di spiegarci", chiede il segretario della Uil Luigi Angeletti. E apre a una revisione dell'articolo 18 soltanto per i nuovi assunti. A pesare sull'attrazione degli investimenti in Italia "c'è l'incertezza" sulle riforme, sottolinea il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, anche se aggiunge: "Complessivamente credo che stiano progredendo". E che sia chiara l'urgenza di cambiare e dimostrare che l'Italia si sta riformando, lo stesso Renzi lo ribadisce in mattinata, prima di decollare per un viaggio istituzionale negli Usa che lo impegnerà per tutta la prossima settimana. "Sono anni che continuiamo a cambiare il governo ma non le cose", dice il premier in un'intervista al Tg2. E sottolinea che è essenziale riformare un sistema del lavoro dove ci sono cittadini di "serie A e serie B". Così come modificare la Costituzione per rinnovare le istituzioni non vuol dire "attentare alla democrazia", allo stesso modo intervenire sullo Statuto non vuol dire attentare ai diritti dei lavoratori, scandisce Renzi. Che punta a "nuove regole semplici per gli imprenditori e in grado di garantire chi perde il posto". Non ha ceduto di fronte ai "frenatori" della riforma del Senato. Non cederà di fronte ai "frenatori" del Jobs act. Questo il messaggio del premier, che da Palazzo Chigi gestisce direttamente il dossier lavoro, in vista della direzione Pd del 29 nella quale fisserà i contenuti della riforma e chiederà al suo partito il mandato a portarla avanti attraverso la delega e i decreti delegati o, se risulterà impossibile la prima lettura entro il vertice europeo dell'8 ottobre, con un decreto. Se il premier è stato ben chiaro che dalla traccia indicata non sono ammesse deviazioni, i sindacati e la minoranza dem sperano di incidere su aspetti concreti non ancora definiti nella delega, a partire dall'art. 18.
Oggi e domani i parlamentari della sinistra Pd si riuniranno per scrivere gli emendamenti e unire le forze per la battaglia in direzione e in Aula. Venerdì si incontreranno i segretari di Cgil, Cisl e Uil, per provare a concordare un percorso unitario di mobilitazione. "In tutta Europa esiste il concetto di reintegra: semplifichiamo, ma deve rimanere", insiste Pier Luigi Bersani. E Gianni Cuperlo: "Non accettiamo una discussione strumentalizzata per dividere il Pd tra innovatori e conservatori o minacciare decreti". Basta "provocazioni e ultimatum", si deve parlare di merito senza "propaganda". Tutti concordi nel chiedere un confronto al governo anche i sindacati, che appaiono però divisi nei toni e nel merito. Susanna Camusso continua ad attaccare il premier accusandolo di portare avanti una "discussione ideologica" e dicendo no a "scambi" tra la riforma degli ammortizzatori sociali universali e quella dell'articolo 18. Luigi Angeletti, parlando all'Ansa, apre invece al "risarcimento nel caso di ragioni economiche" ma solo per i nuovi assunti, senza toccare le tutele acquisite. L'art.18 è "meglio abolirlo, ce lo addossano in tutto il mondo", dice il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. Mentre sul tema dei diritti acquisiti si apre un nuovo fronte di scontro tra la sinistra Pd e il Nuovo centrodestra. La richiesta di Angelino Alfano di abolire l'articolo 18 "per tutti" fa infatti insorgere Cesare Damiano: "Una tesi agghiacciante", sostiene. Un lessico "da repertorio degli anni '70", ribatte da Ncd Fabrizio Cicchitto. "Vogliono far ricadere - attacca Barbara Saltamartini - le beghe interne al Pd sul futuro degli italiani".
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