Il giovane Matteo Renzi è l'opportunità, il premier che ci prova; Giorgio Napolitano è la stabilità, il garante della sfida che l'Italia vuole portare avanti in Europa. Mai come oggi il gioco di squadra tra palazzo Chigi e Quirinale è sembrato così chiaro.
La partita di Bruxelles entra nel vivo, la Bce marca stretto il Governo e la sua azione riformatrice, la Germania vigila occhiuta sulla scelta italiana di cercare di far virare le politiche europee verso una maggiore flessibilità. Battaglia non facile e per la quale l'indisciplinata Italia deve dimostrare di essere cambiata, di essere almeno un pò più virtuosa. E di questo hanno parlato Draghi e Napolitano nella coda dell'incontro che li ha visti soli a villa Rosebery per almeno una mezz'ora. Già, proprio quelle riforme che la Ue non chiede ma pretende e che il premier sta cercando di velocizzare anche a costo di spaccare il suo partito come sta accadendo sul Jobs act. Per questo il presidente Napolitano, certamente l'italiano più conosciuto e autorevole in Europa nonchè simbolo della pur volatile stabilità politica italiana, ha ancora una volta speso il suo nome - in un parterre decisivo per le scelte economiche europee - certificando l'assoluta "determinazione" dell'Italia nel piano di riduzione del "così elevato Debito pubblico"; ma anche confermando che il Governo sta "accelerando" il suo sforzo riformatore, che l'Italia abbandonerà i suoi vizi, cambierà le regole e si avvicinerà progressivamente ai più produttivi standard europei. Solo così l'Italia potrà essere credibile - e qui sembra di sentir parlare Matteo Renzi - nel tentativo di "spostare l'accento delle politiche europee" verso "l'innovazione e la creazione di lavoro". Non è dato di sapere cosa avrà pensato il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, presente anch'egli ma silente. Domani la parola passa al Consiglio direttivo dell'Eurotower che si riunisce nella città partenopea per dare un segnale di vita anche ai Paesi mediterranei.
Napolitano e Draghi: "Riforme per la crescita"
Colle garantisce sulle riforme. Per il governatore sono la priorità, ma per Quirinale la sfida numero uno è la crescita