Tutto è pronto per la testimonianza del presidente della Repubblica che si presenterà davanti alla corte d'assise di Palermo, per l'occasione in trasferta al Quirinale, per deporre nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Il pool dei pm che salirà al Colle durante una lunga riunione ha ultimato e scritto l'elenco delle domande che sottoporrà al capo dello Stato. All'udienza, che si svolgerà nella sala del Bronzino, dovrebbero partecipare una quarantina di persone: i giudici - togati e popolari -, la cancelliera, cinque pm e gli avvocati delle sette parti civili e dei 10 imputati, questi ultimi non ammessi dalla corte a partecipare direttamente o in videoconferenza alla testimonianza.
Nonostante le voci circolate in ambienti giornalistici, sembra che il Quirinale resterà off limits alla stampa che non potrà, dunque, seguire l'udienza neppure a distanza, attraverso la videoregistrazione: possibilità non esclusa dai giudici che avevano dato il nulla-osta alla presenza "da remoto" dei media, ma "bocciata" dal Colle che ha regolamentato rigidamente l'accesso al palazzo. Le parti processuali non potranno infatti portare cellulari, tablet, pc e strumenti di registrazione. L'udienza, che avrà inizio alle 10, sarà verbalizzata secondo le regole ordinarie, i verbali andranno poi alla corte e saranno disponibili per le parti, una volta trascritti, nei giorni successivi. A rivolgere per primo le domande al capo dello Stato sarà il procuratore aggiunto Vittorio Teresi. Il capo dell'ufficio inquirente, Leonardo Agueci, sarà presente, ma non interrogherà Napolitano.
La prima parte della deposizione ruoterà attorno ai dubbi e le preoccupazioni che l'ex consigliere giuridico di Napolitano, Loris D'Ambrosio, espresse al capo dello Stato in una lettera, nel giugno del 2012, un mese circa prima di morire. Nel documento, peraltro reso pubblico dallo stesso Quirinale, D'Ambrosio avanzava il timore di "essere stato considerato solo un ingenuo e inutile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi" tra il 1989 e il 1993, anni in cui l'ex consigliere era all'Alto commissariato per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia.
Sui timori di D'Ambrosio, però, il capo dello Stato ha già fatto sapere alla corte, tramite una lettera, di non avere nulla di utile da riferire Dopo sarà probabilmente il pm Nino Di Matteo a cercare di approfondire i fatti accaduti nel 1993 partendo dall'allarme attentati a Napolitano e a Giovanni Spadolini lanciato dal Sismi il 29 luglio di quell'anno. La riservata degli 007 è stata acquisita agli atti del processo: i pm hanno fatto capire che sarà oggetto di domande al presidente perché riguardante il periodo citato nella lettera di D'Ambrosio. Dopo i pm sarà la volta dei controesami dei legali.
In particolare l'avvocato di Totò Riina - il boss ha fatto sapere di essere "dispiaciuto" di non potere assistere dal carcere in cui è detenuto all'udienza in videoconferenza - ha chiesto ed ottenuto di potere interrogare Napolitano su un tema più ampio e relativo "a quanto accadde nel 1993 e nel 1994". Ma non è scontato che il difensore oltre al controesame faccia l'esame: perché il suo turno nell'interrogatorio del presidente della Repubblica, salvo accordo delle parti, sarebbe tra alcuni mesi.
La corte, all'ultima udienza, ha ricordato comunque che l'esame di Napolitano è subordinato alla sua disponibilità sottolineando che il presidente potrebbe revocarla in qualunque momento. Impossibile dire quanto durerà la deposizione che, però, non dovrebbe essere breve. Le domande dei pm saranno diverse e eventuali opposizioni dell'avvocatura dello Stato e dello stesso presidente della Repubblica potrebbero allungare i tempi. L'ultima parola sull'ammissibilità dei quesiti spetta comunque al presidente della corte.
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