Cronaca

Per un giorno sulla nave salva-migranti

La spagnola Rio Mino è uno dei mezzi della missione Triton

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Redazione Ansa

   Il comandante Jose Maria Duenas controlla con attenzione i monitor nella plancia di comando. Non sa se oggi dovrà salvare dal mare qualche barcone carico di migranti o se la navigazione procederà tranquilla. Fino a qualche mese fa, con il suo equipaggio della Guardia Civil, controllava le rotte delle migrazioni che dal Marocco vanno verso la Spagna. Oggi fa lo stesso lavoro, ma in Italia.

    La sua Rio Mino, una vecchia nave giapponese che un tempo pescava tonni e oggi raccoglie disperati, è uno dei vascelli impegnati nell'operazione Triton, gestita dall'agenzia europea Frontex e che di fatto raccoglie il testimone della missione italiana Mare Nostrum. Dal primo novembre i mezzi messi in campo da Triton - sette imbarcazioni, due aerei e un elicottero - hanno salvato duemila persone che cercavano di attraversare il Mediterraneo lungo la rotta Libia-Italia.

    Alla missione partecipano diversi Paesi europei per pattugliare le coste al largo della Sicilia, intercettare i barconi della morte e soccorrere, se necessario, i migranti in viaggio. Una delle navi più grandi impegnate in questo lavoro è proprio la Rio Mino, della Guardia Civil spagnola, dove l'ANSA è potuta salire per un'intera giornata di pattugliamento. A bordo, oltre alla polizia iberica, c'è anche un ispettore della guardia di finanza, che si occupa del collegamento con il comando aeronavale della Gdf di Pratica di Mare, responsabile del coordinamento della missione.

    Un impegno duro, quello degli equipaggi, che lavorano 24 ore su 24 per cinque giorni alla settimana. L'operazione Triton si presenta molto diversa da Mare Nostrum, a cominciare dal raggio d'azione, che non si spinge più fin quasi alle coste libiche, ma anche dalla dimensione inferiore delle navi utilizzate. La Rio Mino è lunga 50 metri, con un equipaggio di 25 persone e la possibilità di prendere a bordo fino a 250 persone. La nave si occupa del pattugliamento in alto mare, insieme ad altri due vascelli. Quattro, invece, le imbarcazioni impegnate sotto costa.
   
Per ora la Rio Mino non ha ancora dovuto effettuare alcun intervento di salvataggio, ma a bordo c'è tutto quello che serve per salvare vite umane: vestiti, coperte, acqua e cibo, un'infermeria con medicinali, un defibrillatore e altre attrezzature di primo soccorso. Un protocollo speciale è stato adottato per far fronte a casi sospetti di Ebola. "L'equipaggio - spiega il comandante Duenas - è stato addestrato per fare fronte al virus". Sulla nave ci sono tute e maschere da indossare per evitare il contagio e a chi sale a bordo viene per prima cosa misurata la temperatura. In caso di febbre scatta l'isolamento.

    La Rio Mino continuerà a pattugliare le coste fino alla fine di dicembre, quando sarà sostituita da un'altra nave Frontex.  Jose Maria e gli altri cercheranno di salvare altre vite, in quello che però, dati alla mano, appare uno sforzo titanico. Se nel 2014, spiegano i responsabili di Frontex, sono stati 150 mila i migranti soccorsi al largo delle coste italiane, si stima che siano circa il doppio quelli che non ce l'hanno fatta e hanno perso la vita in mare. 
   

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