L'11 febbraio 2013 e' festa in Vaticano per l'anniversario dei Patti Lateranensi. Papa Ratzinger tiene un concistoro per i decreti di canonizzazione di alcuni santi, tra cui i martiri di Otranto, molto venerati in Puglia; la sala stampa fa orario festivo e siamo appena entrati, quando alle 11 ci arrivano sul monitor le immagini del Papa, del cardinale Angelo Amato e di mons. Guido Pozzo, davanti a loro molti dei cardinali presenti a Roma.
Il cardinale prefetto della Congregazione per le cause dei santi parla a lungo in latino, poi tocca a Benedetto XVI che annuncia il dodici maggio come data per la canonizzazione dei martiri di Otranto. Sento "duodecim" e scrivo la notizia della canonizzazione, la avvio al desk, mettendoci anche il "reloc" della Puglia. Benche' il concistoro a quel punto debba essere finito, il Papa resta seduto, e comincia a leggere, sempre in latino, da un foglio bianco che tiene in mano. Dice subito due cose: che non ha convocato i cardinali solo per i decreti delle canonizzazioni, ma deve dire una cosa "importante per la vita della Chiesa", e che sta diventando vecchio: "ingravescente aetate".
A queste parole e' come se una mano mi afferrasse la gola e mi si gonfiasse un palloncino dentro la testa: la "Ingravescentem aetatem" e' il documento con cui Paolo VI tolse ai cardinali ultraottantenni il diritto di eleggere i papi, sono le parole per il pensionamento. Benedetto XVI continua a parlare nel suo latino che per fortuna mi suona molto piu' comprensibile di quello del card. Amato, parla a lungo, dicendo di non aver piu' le forze per governare la barca di Pietro in un mondo sempre piu' veloce. Spiega che in coscienza ha deciso di lasciare, che i cardinali dovranno tenere un conclave per l'elezione del successore e stabilisce l'inizio della sede vacante alle 20 del 28 febbraio. Io sento ma e' come se non sentissi, continua a mancarmi il fiato e le gambe mi tremano da seduta, la sinistra non riesco proprio a tenerla ferma, neppure bloccandola con il palmo della mano. Comincio a telefonare a raffica cercando aiuto e conferme.
In Vaticano, dove ovviamente tutti avevano altro a che pensare, nessuno mi risponde. Sono in preda a una sensazione di terrore che non ho mai provato in vita mia. Intanto papa Ratzinger ha finito di parlare. Alcuni volti dei presenti sono attoniti, mons. Guido Pozzo, vicino a lui, sembra impietrito, diversi porporati hanno lo sguardo fisso e i muscoli facciali immobili. Nel silenzio irreale il decano del collegio cardinalizio, Angelo Sodano, dice, in italiano, che "la notizia ci coglie come un fulmine a ciel sereno". "Hai capito eccome - mi dico per rassicurarmi - il Papa si e' dimesso". Scrivo la notizia, telefono in redazione e dico alla caporedattore che il Papa si e' dimesso, le spiego che lo ha detto in latino e che per un papa non si parla di dimissioni ma di rinuncia al pontificato. Mi sembra che quando sente "latino" la collega abbia qualche attimo di incertezza, ma poi si fida di me, e cominciamo a valutare il testo della notizia. Mentre ci parliamo concitatamente, sul fisso della sala stampa chiama il portavoce padre Federico Lombardi, ha trovato la mia chiamata e gentilmente richiama. "Padre Federico - gli faccio - ma ho capito bene? Il Papa si e' dimesso?". "Hai capito bene - mi dice con tono molto sereno, operativo - va via dal 28 febbraio". Nella concitazione attacco il telefono credo senza neppure salutare, "vai, trasmettiamo", dico alla collega, e dopo pochi secondi il flash e' sulla rete dell'Ansa, e la notizia viene rilanciata in tempi rapidissimi dalle grandi agenzie internazionali. A questo punto crollo e scoppio in singhiozzi, e tra un singhiozzo e l'altro scrivo qualche altro dettaglio su come e' venuta fuori la notizia, sulla frase di Sodano, un po' di atmosfera circa le facce dei cardinali. Piango e scrivo, poi tiro giu' un tweet per il mio account di "Vaticanista fuori moda": "B16 si e' dimesso lascia il pontificato dal 28 febbraio", sintetizzo, preferendo l'imprecisione, visto che un papa non si dimette, ma rinuncia al pontificato, imprecisione che in questo caso significa comunicazione immediatamente comprensibile.
Mi telefona il direttore per dirmi "brava", e io mi scuso per aver pianto: mi hanno insegnato che un giornalista non applaude e non fischia, figuriamoci se puo' piangere. Il direttore e' molto affettuoso e non eccepisce, io mi giustifico in cuor mio: sono stati momenti terribili, a livello umano e professionale, e Benedetto XVI e' un papa che amo.
La sala stampa ha cominciato a popolarsi come nelle grandi occasioni, perche' padre Lombardi ha avvertito con sms che terra' un briefing. In stato di choc mi sposto dal box dell'Ansa alla vicina sala del briefing e mi siedo. Si avvicina una collega di Radiovaticana, mi piazza il microfono davanti alla faccia e mi fa: "Giovanna, tu che sei stata la prima al mondo a dare la notizia della rinuncia di Benedetto XVI, puoi farci in poche parole un primo bilancio di questo pontificato?".
Raccolgo le idee e ne esprimo qualcuna di senso compiuto. Quando la collega mi ringrazia e si allontana, realizzo le sue parole: sono stata la prima al mondo dare la notizia della rinuncia. Quello che ho provato lo possono capire, credo, solo i vaticanisti d'agenzia: siamo vissuti nel terrore di bucare "la" notizia, che per noi e' la morte del Papa, terrore che non si era mai spinto a immaginare il primo papa dimissionario da quasi sei secoli. Credo di aver capito prima con la pancia che con la testa, e certo la pancia mi ha aiutato: la sensazione di una mano che ti afferra la gola era identica a quella che avevo provato, giovane vaticanista, svegliandomi nel cuore della notte con il terrore di aver bucato la morte del papa, o di non aver pronti i coccodrilli o di aver perso la chiavetta con i coccodrilli.
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