Politica

Rai: la legge Gasparri e il nodo della governance

Redazione Ansa

Un cda di nove membri, in carica per tre anni, rieleggibili una sola volta: sette eletti dalla commissione di Vigilanza, e quindi dai partiti (con voto limitato ad uno, cioè quattro alla maggioranza e tre all'opposizione), gli altri due, di cui il presidente, indicati dall'azionista ministero dell'Economia. La nomina del presidente diventa però efficace con il parere favorevole, a maggioranza di due terzi, della Vigilanza.  E' tutto qui, nel dettato dell'articolo 20 della legge Gasparri (poi assorbito nel Testo Unico della Radiotelevisione), il nodo della governance Rai alla quale il governo Renzi vuole mettere mano in tempi rapidi. Norme che contribuirono già allo strappo delle dimissioni di Lucia Annunziata da presidente di Viale Mazzini subito dopo l'approvazione della legge e che sono tornate a più riprese al centro del dibattito politico.

Per svincolare la Rai dalle ingerenze politiche, il governo punta oggi alla creazione di un vero amministratore delegato, a un consiglio di amministrazione ridotto, forse a cinque membri, e a criteri di nomina dei suoi componenti che lascino la titolarità al Parlamento, ma prevedano meccanismi per garantire indipendenza dai partiti. Tra le ipotesi circolate nelle indiscrezioni di stampa, quella di un consiglio allargato, scelto da più fonti, che nomina a sua volta un cda più ristretto, o anche quella di una fondazione cui trasferire le azioni di Viale Mazzini. Per mettere a punto il testo è stato creato un gruppo di lavoro del Pd. Ma anche il Movimento 5 Stelle ha annunciato che presto presenterà una sua proposta di riforma per rompere il cordone tra partiti e azienda. (ANSA).
   

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