Quindici giorni per decidere il nome del successore di Maurizio Lupi ma anche per fare chiarezza e pulizia in un dedalo ministeriale di rapporti e procedure in cui si può annidare ancora la corruzione. Nel faccia a faccia, di oltre un'ora, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed il premier Matteo Renzi hanno concordato sui tempi e sugli obiettivi dell'interim al ministero delle Infrastrutture.
Ministero che va semplificato nella linea decisionale ma non spacchettato, ipotesi che, a quanto si apprende da fonti di maggioranza, sarebbe stata esclusa. L'interim del premier era stato di fatto già deciso venerdì scorso quando le dimissioni del ministro ciellino erano diventate ufficiali. Il colloquio al Colle è servito soprattutto a valutare alcune ipotesi in un ministero-chiave a maggior ragione a quasi un mese dall'avvio dell'Expo, che sarà una vetrina fondamentale per la ripresa economica del paese. Mattarella e Renzi viaggiano in una sola direzione nell'impegno a rafforzare, anche con il ddl anti-corruzione in discussione al Senato, la lotta al sistema delle mazzette nella pubblica amministrazione, emerso da ultimo nell'inchiesta della Procura di Firenze.
Il ruolo di Raffaele Cantone al vertice dell'Anac è considerato cruciale e per questo sembra allontanarsi l'ipotesi che il magistrato possa diventare ministro alle Infrastrutture. Anche perchè, come ribadito oggi dal premier anche alla Luiss, serve una "democrazia decidente", dove la politica sia centrale nelle scelte e non può abdicare ai tecnici l'assunzione delle responsabilità e delle scelte. Il premier avrebbe spiegato al Capo dello Stato di aver bisogno di due settimane per individuare la personalità politica che possa svolgere al meglio il ruolo di ministro. Un allungamento dei tempi dell'interim magari fino all'inaugurazione dell'Expo o addirittura dopo le regionali, per capire meglio i pesi di forza dentro la maggioranza, sono da escludere visto il carico di impegni previsti alle Infrastrutture.
Stop anche alla separazione del ministero delle Infrastrutture da quello dei Trasporti, una delle ipotesi circolata in queste ore: sarebbe una procedura complessa che richiederebbe un provvedimento ad hoc, con un iter parlamentare lungo, e che rischia di rendere farraginoso il rapporto tra due settori strettamente legati. Spacchettamento a parte, il premier tiene ancora in piedi l'idea di portare la struttura di missione che vigila e decide sugli appalti a Palazzo Chigi. Un modo per centralizzare sotto la presidenza del consiglio le scelte importanti e anche la "cassaforte", come già fatto per le unità che si occupano di edilizia scolastica e dissesto idrogeologico. Da questa decisione discende anche la scelta del nuovo ministro.
Nel caso in cui l'unità di missione restasse al ministero, Graziano Delrio resta in pole anche se il suo trasloco a piazza di Porta Pia lascerebbe scoperte deleghe importanti a Palazzo Chigi. Ancora in piedi anche l'ipotesi di Andrea Guerra e di Deborah Serracchiani mentre, nel caso in cui si decidesse di portare sotto le deleghe di Luca Lotti la cabina di regia, Renzi potrebbe individuare per le Infrastrutture un candidato di Ncd, venendo così incontro alle richieste degli alleati di governo che rivendicano visibilità a maggior ragione dopo l'uscita "spontanea" di Lupi. Valutazioni che il premier farà a partire da oggi restando in contatto con Mattarella, con il quale, durante il faccia a faccia, ha fatto anche un timing delle riforme in cantiere, riforma della Rai inclusa che il premier non esclude di portare in cdm già questa settimana.
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