Politica

Italicum: numeri in commissione e Aula, doppia partita per Renzi

Possibili emendamenti direttamente in Assemblea, e sarà battaglia

Matteo Renzi

Redazione Ansa

Bersani, Bindi, Cuperlo, D'Attorre. A leggere l'elenco dei membri della commissione Affari Costituzionali della Camera, a Matteo Renzi potrebbe venire qualche brivido: proprio lì, l'8 aprile, approderà la legge chiave delle attuali divisioni interne del Pd, quella elettorale. Cinquanta i membri della commissione che, entro il 27 aprile darà il via libera all'approdo dell'Italicum in Aula e tra questi sono diversi, tanti, i parlamentari Pd ascrivibili alla minoranza. La battaglia, tuttavia, difficilmente avrà luogo in commissione: l'ipotesi che circola in queste ore è che la legge vada in Assemblea senza mandato al relatore per chiudere la partita a maggio e con la possibilità, non esclusa, della fiducia. Anche perché, nelle intenzioni del premier, l'Italicum non va cambiato.

    La doppia partita di Renzi, in commissione e in Aula, dal punto di vista numerico non si preannuncia comunque semplice.

    Nove su 23, i deputati Pd della minoranza in commissione: oltre ai 4 'big' di cui sopra, ci sono anche bersaniani come Enzo Lattuca, Alessandro Naccarato e Andrea Giorgis, cuperliani come Barbara Pollastrini e un 'battitore libero' come Giuseppe Lauricella. A questi vanno aggiunti i lettiani Marco Meloni e Francesco Sanna, non certo classificabili come fedelissimi del premier. E che il rebus numeri possa volgere a sfavore di Renzi lo testimonia l'emendamento sulla cancellazione dei senatori di nomina presidenziale, presentato da Sel e dalla minoranza Pd nell'ambito del ddl riforme e sul quale il governo fu battuto.
    Questa volta, però, è all'Aula che la minoranza farà riferimento per portare avanti la sua battaglia. Inutile ed eccessiva rispetto ai rapporti interni al Pd, viene reputata l'ipotesi di anticipare l'ultimo tentativo di emendare l'Italicum in commissione dove, tra audizioni e dibattiti preliminari, la discussione entrerà nel vivo non prima della seconda metà di aprile. In Aula le stime della minoranza variano anche perché, nella sinistra Pd, occorre capire chi, al momento della verità, girerà le spalle all'Italicum. Cento, centodieci sono i membri della minoranza Pd alla Camera dove è Area Riformista, guidata dal capogruppo Roberto Speranza, a svolgere il ruolo numericamente dirimente.

La maggioranza, a Montecitorio, viaggia a quota 408, il quorum richiesto per l'ok al testo è 316. Se, in teoria, tutta la minoranza Pd non votasse l'Italicum, Renzi richiederebbe quindi di non avere la maggioranza se non con il soccorso dei 'verdiniani' di FI (17, stando al documento diffuso quando alla Camera si votarono le riforme). Ma è difficile che tutta la minoranza si ribelli: "Renzi ne conta 30, noi siamo un centinaio, la verità sta nel mezzo", confessa un parlamentare della sinistra Pd osservando come il premier potrebbe porre la fiducia anche per azzerare il rischio del voto segreto, prevedibile, ad esempio per gli emendamenti sulle preferenze. E, secondo regolamento, alla Camera il voto sulla fiducia è disgiunto dal voto sul testo. La minoranza, insomma, potrebbe votare la prima e non il secondo, imboccando una terza via, ipotetica ma non certo impossibile. 
   

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