Nuovo affondo di Pier Luigi Bersani contro il governo. L'accusa, questa volta, è di aver violato la Carta costituzionale: la scelta infatti di cancellare per tutti la tassa sulla prima casa va contro - dice l'ex segretario del Pd - il principio della progressività delle imposte.
Attacchi strumentali, replicano i renziani, che irridono all'ex segretario ("siamo alle barzellette") e accusano la minoranza Dem di "fare un congresso permanente". La sinistra del Pd intanto chiede un "confronto" e in vista dell'avvio dell'esame della manovra in Parlamento prepara un documento con tanto di preambolo politico ed elenco dei punti sui cui aprire un dibattito. E c'è anche chi come Roberto Speranza vuole "sentire gli iscritti" per capire "cosa ne pensano di questo meccanismo da Robin Hood al contrario per cui si fa un regalino a chi ha già di più".
La replica di Renzi - è la convinzione di Bersani - sfida l'intelligenza degli italiani perché "dire che, a parità di welfare, abbassare le tasse è buono e giusto è come dire viva la mamma". Il ragionamento infatti di molti senatori e deputati della sinistra del Pd ruota intorno al timore che nelle pieghe della manovra vi siano tagli ai servizi essenziali, a partire dalla sanità, che potrebbero essere evitati scegliendo di non utilizzare le risorse per un taglio delle imposte senza distinzioni di reddito.
"L'abolizione totale della tassazione sulla prima casa non solo non è equa - sottolinea il senatore Federico Fornaro - ma non è mai stata nel programma elettorale del Pd". E così in vista dell'esame parlamentare, che dovrebbe entrare nel vivo nei primi giorni di novembre, la sinistra Dem sta mettendo insieme l'elenco delle "criticità", dalle tasse sulla prima abitazione al Sud passando per il welfare, da discutere poi all'interno dei gruppi e del partito. E che in un momento successivo diventeranno la base per gli emendamenti alla manovra.
Renzi, che ufficialmente fa sapere di essere disponibile a modifiche, non sembra però al momento incline a rivedere uno dei pilastri intorno a cui ha costruito la legge di stabilità 2016, vale a dire lo stop alla Tasi e all'Imu. Almeno non nel suo impianto base, perché non è invece escluso che qualche ritocco per i super ricchi che possiedono ville e castelli possa arrivare. Stesso ragionamento vale per i contanti, misura che tra l'altro Alfano continua a rivendicare, mentre una partita potrebbe aprirsi di nuovo sul fronte delle pensioni qualora arrivi l'ok dell'Ue all'utilizzo della cosiddetta clausola migranti: Palazzo Chigi e il Tesoro hanno sempre detto di voler usare le eventuali risorse per l'anticipo del taglio dell'Ires ma è evidente che il 'tesoretto' sarebbe fortemente conteso in Parlamento. Anche perché durante l'iter alla Camera e al Senato, le posizioni dei 'dissidenti' del Pd potrebbero facilmente saldarsi con quelle di Sel e in taluni casi con il M5S, rischiando così, soprattutto a Palazzo Madama dove i numeri sono sempre sul filo, di mettere in difficoltà l'Esecutivo.
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