Politica

Ira di Renzi, ora basta così Marino danneggia la città

Neanche onore armi; ma minoranza Pd attacca premier, errori suoi

Matteo Renzi durante un 'Porta a Porta' con dietro l'immagine di Ignazio Marino

Redazione Ansa

Ignazio Marino, per le sue ambizioni politiche, forse per la voglia di affermarsi come anti-Renzi, sta danneggiando Roma. Chi lo seguisse nel suo disegno temerario di restare alla guida del Campidoglio, andrebbe contro l'interesse della città. Il ragionamento, che circola sottotraccia da giorni, apre le conversazioni dei parlamentari della maggioranza Pd, nelle ore in cui al Nazareno si lavora per chiudere, al più presto possibile, il dossier capitale. Al suo ritorno dal viaggio in Sud America, Matteo Renzi avrebbe voluto trovare il 'faldone' già chiuso, per aprire con novembre una pagina tutta nuova e dare il via alla gestione commissariale della città e del Giubileo. Ma la resistenza di qualche consigliere Dem che proprio non vorrebbe lasciare, permette al sindaco di mettere in atto la mossa meditata da giorni e ritirare le dimissioni. E così dal Nazareno parte l'indicazione: al sindaco non dovrà essere concesso neanche l'onore delle armi.

Renzi ha rimesso piede a Palazzo Chigi da pochi minuti, di ritorno da un lungo viaggio tra Cile, Perù, Colombia e Cuba, quando dal Comune di Roma giunge la notizia che Marino ha stracciato le dimissioni. Il sindaco, raccontano, avrebbe voluto attendere fino all'ultimo minuto utile. Ma al Nazareno Matteo Orfini, appurato che non ci sono più margini di trattativa con il sindaco, ha chiamato a raccolta i consiglieri comunali Pd per raccogliere le lettere di dimissioni necessarie a porre fine alla consiliatura. "Finalmente - commenta velenoso un renziano - una mossa giusta". E allora anche il chirurgo accelera il suo estremo tentativo di resistenza: vuole arrivare in Aula e costringere il Pd a sfiduciarlo a viso aperto. A quel punto parte la resa dei conti finale. "Ha scelto lui questo epilogo - dicono fonti Dem - Non gli concederemo la passerella che desidera. Entro domani sarà tutto finito".

Ma il passaggio è più complicato di quanto possa sembrare, perché non è così facile convincere tutti i 19 consiglieri Dem a dimettersi insieme. E la rabbia di Renzi e dei vertici del Pd non viene più dissimulata. Ogni ora in più che si perde nel "pantano" capitolino, "fa del male alla città e ricopre di fango il partito". Perciò, racconta un parlamentare Pd, il ragionamento che viene fatto ai recalcitranti in queste ore è: "Se pensate di poter evitare di dimettervi e non pagarne le conseguenze, sbagliate. Diremo a tutti che volete male alla città. Se volete avere qualche chance di essere ricandidati, date prova di responsabilità". In campo scende nel pomeriggio anche Luca Lotti, l'uomo più fidato di Renzi. E in serata dal Nazareno trapela l'ottimismo: entro domani saranno sul tavolo tutte le 19 lettere di dimissioni Pd e le altre 6 necessarie a raggiungere la maggioranza assoluta. "Ora che il segretario è tornato in città - assicura un deputato - nessuno si potrà sottrarre".

Qualche preoccupazione trapela dalle fila dei Giovani turchi perché la vicenda sta mettendo in difficoltà il loro leader Orfini. Non subito, ma tra qualche mese, sibila qualche esponente della maggioranza Pd, Renzi gli presenterà il conto di una vicenda "gestita a dir poco male". Ma anche il premier, accusa la minoranza Pd, ha le sue responsabilità. Ogni giorno di "agonia" in più, fa diminuire le chance di rimonta alle amministrative del 2016, osserva un senatore bersaniano. E se si perde Roma, anche vincere nelle altre città (oggi è arrivata una prima disponibilità di Giuseppe Sala a correre a Milano), non cancellerebbe la sensazione di una sconfitta. Ma soprattutto, accusano dalla sinistra Dem, il Campidoglio è solo il sintomo più eclatante di una "malattia" che riguarda la gestione del Pd sul territorio. Renzi deve metterci la faccia, invocano, e rimediare.
   

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