"Vatileaks è un grosso problema, ma non mi sono spaventato''. C'è già tutta la linea della fermezza, - linea che sta neutralizzando i nuovi corvi e i loro vecchi metodi, - nelle parole di papa Francesco a pochi mesi dall'elezione: luglio 2013, in volo da Rio a Roma, al ritorno dalla Gmg.
Chi alza polvere sulla riforma innescata dal papa latinoamericano, o ritiene di poter condizionare l'opinione pubblica dentro e fuori la Chiesa, o semplicemente trae vantaggi personali e professionali facendo trapelare ad arte documenti o informazioni, viene individuato e indagato: questo significa l'arresto, reso pubblico oggi, di mons. Lucio Angel Vallejo Balda e di Francesca Chaouqui, già facenti parte della Cosea, commissione di studio sulle attività economiche e amministrative costituta dal Papa nel primo anno di pontificato. L'arresto è avvenuto nell'ambito della inchiesta per la fuga di documenti riservati, in vista della pubblicazione di due libri, dei giornalisti Fittipaldi e Nuzzi, e il Vaticano non esclude altri provvedimenti, magari anche grazie a rogatorie internazionali.
Il Vaticano cioè gioca d'anticipo anche sulla uscita in libreria dei documenti riservati, - che sembra riguardino il delicatissimo settore delle finanze e della riforma economica - c'è fermezza, efficienza, nessuno timore riverenziale neppure verso gli ecclesiastici coinvolti, non prevale la "ragion di Chiesa".
Prima dei due arresti, e dell'annunciata pubblicazione dei libri di Fittipaldi e Nuzzi, si sono succeduti altri episodi che hanno indotto alcuni sostenitori della teoria del "complotto" contro il Papa e le sue riforme a lanciare l'allarme: si va dalle cure del medico giapponese che invece non ha mai visitato il Papa, cure mai prestate per un mai diagnosticato tumore al cervello, alla pubblicazione della lettera che doveva restare riservata di 13 cardinali al Papa, contenente perplessità sulla metodologia del sinodo, al clamoroso coming out, alla vigilia della apertura del sinodo sulla famiglia, del monsignore polacco e officiale della Congregazione per la dottrina dei vescovi, che si è dichiarato gay praticante e con un compagno fisso. Sembra che sul tumore il Papa si sia fatto una risata, ma si sia risentito per la divulgazione della lettera dei 13, tanto contraria a quella "parresia", il parlar franco del Vangelo, che chiede ai suoi vescovi e collaboratori per far marciare la Chiesa nella comunione. Completamente priva di senso, invece, la descrizione di un Bergoglio che si senta accerchiato e minacciato.
''Quando sono andato da Benedetto XVI - disse ancora papa Francesco sempre sul volo da Rio a Roma - mi ha presentato uno scatolone con tutte le dichiarazioni dei testimoni, ma, mi ha detto, il riassunto e il giudizio finale è in questa busta, e aveva tutto in testa, si ricordava tutto''. Dietro alla mano ferma di Francesco contro i rigurgiti di Vatileaks c'è anche la conoscenza del bubbone di corruzione, lobbismo e nefandezze che esplodendo fu probabilmente tra i motivi che indussero Benedetto XVI a lasciare il pontificato, per dare alla Chiesa una guida più energica. La fenomenologia di Vatileaks 1, ben nota al papa tedesco e al papa latinoamericano, consente a Bergoglio di contrastare con tutti i mezzi i fautori delle vecchie manovre di curia, rese più forti dall'abbassamento della qualità umana e deontologica di molti attori delle vicende. La verità giudiziaria di Vatileaks 2 è ancora da scrivere. La verità storica, che si intravvedeva nell'agire di Benedetto XVI e si manifesta nella fermezza di Francesco, è che o si estirpa il bubbone dei "leaks", o la Chiesa perde se stessa, tradisce il suo popolo e offende il suo Dio. Cioè, o si riforma, o si chiude.
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