Diploma e poi stop agli studi. In Italia, secondo le previsioni, soltanto il 42% dei giovani si iscriverà all'università, la quota più bassa rispetto all'insieme dei Paesi Ocse (media del 67%), dopo Lussemburgo e Messico. Una decisione sulla quale pesa la prospettiva di un ritorno basso e incerto. Italia e Repubblica Ceca sono, infatti, i soli Paesi dell'Ocse dove il tasso di occupazione tra 25 e 34 anni è il più basso tra i laureati rispetto ai diplomati. E, nonostante il nostro Paese sia il secondo per percentuale di Neet (circa un 35% di 20-24enni), "brilla" in quanto a laureati magistrali: 20% contro una media Ocse del 17%.
Emerge anche questo dal Rapporto Ocse "Education at a glance" - presentato nella sede del ministero dell'Istruzione - che a conferme negative come, ad esempio, lo scarso appeal degli atenei italiani per gli stranieri e le basse remunerazioni degli insegnanti, accompagna la constatazione che l'Italia negli ultimi anni ha fatto progressi importanti per creare programmi di istruzione terziaria che preparino gli studenti a un rapido ingresso nel mercato del lavoro con la creazione degli Its (istituti tecnici superiori). E' in atto "un cambiamento", afferma il ministro Stefania Giannini, grazie "all'inversione del trend di investimento sull'università, agli incentivi su internazionalizzazione, al rafforzamento degli Its e alle prime misure contenute nella legge di stabilità per rafforzare la qualità del sistema universitario e favorire l'accesso di nuovi docenti eccellenti e nuovi ricercatori". "Abbiamo ricominciato a investire sulla formazione, introducendo nuovi criteri di merito, qualità e autonomia", ha puntualizzato il sottosegretario Gabriele Toccafondi. Di segno positivo, secondo l'Ocse, è ancora l'accertamento che l'Italia ha chiuso il divario di genere nel tasso dei laureati: le donne costituiscono il 59% dei nuovi laureati. Resta però il gap sul fronte della docenza: sono solo il 37% dei professori universitari (media Ocse 41%).
LAUREATI GUADAGNANO MENO CHE IN ALTRI PAESI - E' vero che in media, in Italia come altrove, i laureati hanno redditi da lavoro più alti rispetto a chi ha un livello d'istruzione inferiore, tuttavia l'Italia si distingue rispetto ai Paesi che registrano quote altrettanto piccole di laureati. Nei Paesi Ocse in genere a un minore numero di laureati corrispondono maggiori vantaggi salariali; nel 2014, in Italia, solo il 17% degli adulti (25-64enni) era titolare di una laurea - percentuale simile a quelle di Brasile, Messico e Turchia - ma in questi tre Paesi la differenza tra i redditi dei laureati e quelli dei diplomati è più alta rispetto alla media dell'Ocse, mentre in Italia i redditi rispettivi sono inferiori: 143% rispetto alla media Ocse del 160%.
PIU' STUDENTI ALL'ESTERO, MA 'DA NOI' CORSI IN INGLESE - Il numero di studenti italiani che studia all'estero è in costante crescita. Nel 2013 circa 46.000 studenti italiani risultavano iscritti in atenei di altri Paesi Ocse. Per contro le università italiane attirano pochi studenti stranieri: nello stesso anno meno di 16.000 studenti stranieri risultava iscritto nelle istituzioni italiane. Tuttavia le nostre università stanno tentando di superare questo problema: circa il 20% degli atenei ha proposto almeno un programma d'insegnamento in lingua inglese durante l'anno accademico 2013-2014 (rispetto al 43% in Germania e al 16% in Francia).
SPESA BASSA PER ISTRUZIONE E PROF ANZIANI - Il finanziamento del settore d'istruzione terziario rappresentava in Italia nel 2012 lo 0,9% del Pil del Paese, la seconda quota più bassa tra i paesi Ocse dopo il Lussemburgo mentre Paesi come Canada, Cile, Corea, Danimarca, Finlandia, Stati Uniti, hanno dedicato quasi il 2%, o una quota superiore, del Pil all'istruzione terziaria. Primato negativo anche per quanto riguarda il corpo docente, più anziano rispetto a quello di qualsiasi altro paese Ocse: nel 2013 il 57% di tutti gli insegnanti della scuola primaria, il 73% degli insegnanti della scuola Superiore e il 51% dei docenti dell'istruzione terziaria avevano compiuto 50 anni o li avevano superati.
SCUOLA ITALIANA IN RITARDO SU VALUTAZIONE PROF E DIGITALE - Nell'anno 2014-15 - ricorda l'Ocse - l'Italia era uno dei rari paesi in cui le direttive o normative non richiedevano una valutazione regolare delle performance degli insegnanti durante la carriera. Inoltre, non c'erano misure premiali, ispezioni e valutazioni dei dirigenti. Poco usato, nel 2013, anche il digitale in classe. Con la Buona scuola, ha ricordato Giannini, "sono state messe in campo innovazioni": "da quest'anno" la valutazione dei docenti diventa "strutturale" e per il piano digitale sono state stanziate risorse per "1 miliardo di euro".
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