Politica

2 giugno: Vittorio Emanuele, quel voto fu incompleto. Da De Gasperi colpo di mano

Lettera agli italiani: "Molti italiani non poterono votare. Da Umberto II alto senso di responsabilità"

La prima pagina della Gazzetta del Mezzogiorno con la foto di Umberto II, che lascia l' Italia nel giugno del 1946

Redazione Ansa

Il referendum del 2 giungo 1946 si svolse "con un corpo elettorale non completo, poiché non si votò in alcuni territori italiani" e "non poterono partecipare molti italiani in prigionia all'estero". Lo scrive il principe Vittorio Emanuele in un messaggio inviato "agli italiani" per la festa della Repubblica. Nel messaggio il figlio di Umberto II ricorda "l'alto senso di responsabilità" dimostrato dal Re quando "il consiglio dei ministri presieduto da Alcide De Gasperi, con un colpo di mano, nominò lo stesso De Gasperi Capo Provvisorio dello Stato".

Vittorio Emanuele di Savoia fa presente nel messaggio che non andarono al voto i cittadini che abitavano "in alcuni territori italiani ancora non del tutto liberi ed al voto non poterono partecipare molti italiani che, per essersi rifiutati di collaborare con i tedeschi, si trovavano ancora in campi di prigionia all'estero". Il Re Umberto II, afferma ancora, "dopo un mese di regno, desiderando una piena legittimazione che gli permettesse di traghettare la Nazione in una rinascita al termine delle dolorose esperienze della guerra, prima della consultazione dichiarò che se la Monarchia non avesse raggiunto la maggioranza assoluta dei voti, avrebbe indetto un nuovo Referendum. In quei giorni ed in quelle ore di tensione Egli mantenne un alto senso di responsabilità per le sorti del Paese ed una terzietà che il mondo gli ha riconosciuto, anche quando nella notte tra il 12 ed il 13 giugno il Consiglio dei Ministri, presieduto da Alcide De Gasperi, con un colpo di mano, nominò lo stesso De Gasperi Capo Provvisorio dello Stato, senza attendere la pronuncia sui risultati della Suprema Corte di Cassazione, fissata per il 18 giugno". Il Re, poi, continua, "pur in assenza di alcuna imposizione, partì di propria volontà per un temporaneo esilio, al fine di smorzare le tensioni di un Paese diviso in due e con le truppe jugoslave di Tito, schierate sul confine orientale, decise ad intervenire in caso di vittoria monarchica. Un esilio durato, poi, per Lui tutta la vita, per me 56 anni e per mio figlio - nato 26 anni dopo il referendum - ben 30 anni".
   

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