Prove tecniche di Governo tra Lega e Movimento Cinque stelle. Ma prima tanti piccoli problemi da risolvere e un macigno da spostare: Silvio Berlusconi. Matteo Salvini oggi è stato protagonista della scena.
Il leader della Lega con coraggio ha rotto gli schemi "mollando" il candidato di Forza Italia Paolo Romani per Anna Maria Bernini (paradossalmente anche lei della scuderia di Forza Italia) provocando così una prima durissima reazione del Cavaliere che, a caldo, l'ha descritto come "atto ostile".
Fine dell'alleanza di centrodestra quindi? Forse è presto per dare per scontata un'uscita di scena di Berlusconi che difficilmente ritirerà le sue truppe all'opposizione di un esecutivo Lega-Cinque stelle.
Il Cavaliere rimane così il cuore del problema in una corsa che vede nelle presidenze delle Camere solo una tappa verso il traguardo del Governo. In riflessione i Cinque stelle riuniti ad oltranza intorno al leader Di Maio.
Serve grande cautela in questa fase e le dinamiche interne all'alleanza di centrodestra vengono lette dai Cinque stelle al microscopio.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini infatti si annusano, a volte si parlano ma ancora non si fidano del tutto, soprattutto la base è sospettosa e sconcertata. Ma è ormai chiaro che i due giovani leader stanno portando una ventata di novità anche nelle antiche regole delle battaglie parlamentari e oggi sembra più chiaro che dietro la partita delle presidenze ci sia altro.
I numeri ci sono, un Governo Lega-M5s navigherebbe in acque tranquille sia alla Camera che al Senato. Già si parla di una sorta di ticket tra i due leader che vedrebbe Di Maio premier, Salvini vice-premier spalleggiato da una serie di ministeri pesanti.
Primo fra tutti gli Interni. Ma si tratta di scenari prematuri. Prima c'è da sciogliere il nodo delle presidenze e anche qui il percorso è decisamente gibboso. Prende quota nel centrodestra l'idea di placare le ire di Berlusconi e convincerlo a riprendere il filo del dialogo con Salvini. Come? L'idea per far tornare in gioco il Cavaliere sarebbe affidata a un terzo nome (ad esempio Maria Elisabetta Alberti Casellati, forzista della prima ora e componente del Csm) da lanciare per la corsa alla presidenza del Senato, bruciando così anche la Bernini.
Un passo che però salverebbe l'onore di Berlusconi e farebbe di nuovo vacillare i Cinque stelli restii a ogni contatto con il Cavaliere. Che continua a guardare al Pd, partito che si è limitato ad osservare le manovre spericolate di Salvini. Ma anche tra i Dem crescono i mal di pancia e qualcuno già si lamenta di un partito bloccato sul tasto "pausa", spettatore di un mondo che passa. Notte di incontri, "caminetti" e telefonate.
In attesa di un sabato di lavoro per i neodeputati che stanno avendo una partenza "calda" sperimentando sin dall'inizio le insidie della politica. Sabato porterà una certezza: ci sarà un presidente del Senato. Il regolamento prevede infatti che dopo la terza seduta (che ci sarà la mattina) in caso di fumata nera alla quarta si passi al ballottaggio tra i primi due nomi più votati. Ma sembra questa la possibilità meno gettonata: Lega e M5s hanno abbastanza voti per esprimere un presidente in autonomia. Ora si resta in attesa di conoscere la reazione del Cavaliere e il nome che i Cinque stelle lanceranno per prendersi Montecitorio (con i voti della Lega).
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