"All'epoca fu una legge all'avanguardia per l'autodeterminazione delle donne. Le ha liberate da un sistema di semischiavitù.
A distanza di 60 anni la norma mostra i segni del tempo, tanto che i giudici della Corte di appello di Bari hanno accolto l'eccezione sollevata nei processi in corso a Bari dai difensori di Giampaolo Tarantini e Massimo Verdoscia, condannati in primo grado per i reati di reclutamento e favoreggiamento della prostituzione per aver portato delle ragazze alle cene di Silvio Berlusconi e hanno deciso di rivolgersi alla Corte Costituzionale.
Nei 15 articoli della legge Merlin viene, infatti, punito il favoreggiamento della prostituzione, l'induzione alla prostituzione, il reclutamento di prostitute, lo sfruttamento ai fini della prostituzione e la gestione di case chiuse. "La legge Merlin - sottolinea Covre - non ha mai proibito la prostituzione ma solo quella organizzata e per paura di aprire le "case chiuse" in modo surrettizio non si può organizzare il lavoro di altri. Le donne, invece, dovrebbero decidere in libertà la persona che ti affitta la casa, chi ti apre la porta o chi ti fa la babysitter mentre lavori. Se si eliminasse il favoreggiamento, le prostitute si potrebbero anche organizzare in cooperative". Per Carla Corso il racket si eliminerebbe "se la prostituzione fosse riconosciuta un lavoro come gli altri, una attività economica con doveri e diritti".
Nel corso degli anni sono stati molti i politici che hanno accarezzato l'idea di un ritorno in Italia delle "case chiuse", presentando anche numerose proposte di legge. L'ultimo in ordine di tempo è stato l'attuale ministro dell'Interno, Matteo Salvini, lo scorso gennaio, in campagna elettorale, si è detto favorevole alle "case di tolleranza". Già nell'aprile del 2015, Salvini aveva proposto un referendum per cancellare la legge Merlin, per riaprire le "case chiuse" e tassare la prostituzione. Per Pia Covre, però, "non si può tornare indietro, ma guardare avanti con dei miglioramenti della legge".
Leggi l'articolo completo su ANSA.it