l giorno del reddito di cittadinanza e di quota 100 ha un vestito ben più "formale" della balconata M5S del settembre scorso. Una conferenza stampa nell'elegante Sala dei Galeoni fa da cappello alle due misure su cui Luigi Di Maio e Matteo Salvini si giocano una buona fetta della loro campagna per le Europee. Ed è un giorno in cui il premier e i due alleati di governo scelgono di tenere fuori dalle dichiarazioni ufficiali i nodi che, da qui in avanti, dovranno affrontare: il dossier banche, squadernato dal rinfocolarsi della tensione tra gli alleati sul salvataggio di Mps, lo stallo sulla presidenza della Consob, lo spettro di una crisi che tagli le gambe all'applicazione del decretone. Del resto, il contesto politico-economico continua a non essere agevole per i giallo-verdi e, anche per questo, le parole usate dai due vicepremier nei confronti dell'Europa tornano ad avere il segno della battaglia. M5S e Lega puntano alle Europee per lanciare una "rivoluzione di maggio" a Bruxelles: Di Maio fa perno sul taglio agli sprechi, Salvini su autonomia economica e sicurezza, ma entrambi concordano nel rovesciare la narrazione del rigore dei conti. Anche perché, come ammette lo stesso premier Giuseppe Conte, la congiuntura che si prospetta non è favorevole. E il rischio di una manovra correttiva, da parte del premier, al momento è solo dialetticamente evitato ma di certo non può essere negato con certezza. Un'atmosfera "magica", esulta Di Maio con i suoi, pervade l'ok al reddito di cittadinanza mentre Salvini, nella foto-op finale della conferenza, tiene in mano solo le slide su quota 100. Il leader M5S, invece, sceglie di fare una foto-ricordo con lo staff e sul blog "aizza" i militanti elencando i sogni possibili del Movimento: dal reddito all'acqua pubblica fino all'energia pulita. Non cita, forse volutamente, il dossier Tav sul quale il governo è ancora lontano dal trovare una quadra ma, in merito al quale, la soluzione di un'opera "low cost" continua a non mietere entusiasmo né nella Lega, né nel M5S. Ma non è l'unico nodo ad adombrare il governo. C'è lo stallo su Consob, ad esempio. Il nome di Marcello Minenna, portato avanti a suon di appelli dall'ala ortodossa del M5S, ha di fatto poche chance. Sull'ex assessore pendono i tre ricorsi portati sul suo avanzamento di carriera, la consequenziale perplessità del Quirinale e, elemento non da poco, anche la scarsa convinzione degli stessi Di Maio e Salvini. Con il leader M5S che, con il suo alleato, dovrà trovare un nome dallo standing tanto elevato da giustificare, anche con i suoi, la bocciatura di Minenna. A preoccupare M5S è anche lo stato di due banche: Mps e Banca Popolare di Bari.
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