Dialogo con il Pd a meno di un clamoroso colpo di scena del premier Giuseppe Conte: per il M5s resta la strada obbligata per il venir meno delle condizioni politiche per un riallaccio dei canali di dialogo con la Lega. Alla vigilia delle comunicazioni del premier Giuseppe Conte al Senato, a cui formalmente i 5 stelle si affidano per non scoprire le carte della strategia scelta per dare uno sbocco alla crisi, sembra questa l'unica alternativa al momento percorribile per evitare la fine anticipata della legislatura e il ricorso alle urne. E' una strada obbligata nonostante per tutta la giornata la possibilità di una riedizione dell'alleanza gialloverde, alle condizioni poste dal M5s, fosse un'alternativa ancora messa in campo dagli strateghi pentastellati. Una chance valutata fino all'ultimo anche per andare incontro a quella parte dell'assemblea degli eletti - convocata da Luigi Di Maio per illustrare ai parlamentari la situazione politica - che non digerisce affatto la prospettiva di sedere in un governo con i nemici di tutto questo primo scorcio di legislatura e di quella precedente. Luigi Di Maio non lo dice ancora apertamente e alla riunione congiunta dei parlamentari si trincera dietro le mosse del premier.
"Aspettiamo di sentire cosa dice Conte domani" mettono le mani avanti i parlamentari che lasciano l'assemblea dei deputati e senatori: la linea ufficiale è questa, nulla di più, nulla di meno. Di Maio, in quella sede, ha elogiato le qualità di uomo delle istituzioni del premier ("Giuseppe non merita di essere trattato come in questi giorni. E neanche di essere accusato di trame segrete") senza sbilanciarsi: nessuna chiusura o apertura alle indiscrezioni che girano sui giornali.
"Noi dobbiamo affidarci al Presidente della Repubblica e al percorso istituzionale che vorrà delineare" si limita a dire. Ma chi tra i vertici del partito lascia la riunione non ha dubbi: "siamo ad un bivio: o il Pd o il voto. Con questa Lega abbiamo chiuso. E se il Pd dovesse alzare troppo l'asticella delle condizioni ce ne faremo una ragioni: a noi il voto non fa paura". D'altra parte questa è anche la linea emersa dopo il faccia a faccia dei big pentastellati con Beppe Grillo. Se tutto andrà come previsto, con le ultimative comunicazioni del premier in Senato e poi le dimissioni davanti al Capo dello Stato senza passare per una sfiducia parlamentare, i 5Stelle saliranno al Colle e si metteranno a disposizione del Presidente, per dare vita ad un governo dove anche Alessandro Di Battista avrebbe un ruolo. Sempre che non ci siano sorprese e che non sia lo stesso Presidente del Consiglio domani a sparigliare le carte.
"Conte non è così prevedibile come pensate: è per questo che ci piace" dice, chiedendo di non essere citato, un esponente del governo pentastellato al termine dell'assemblea congiunta dei parlamentari M5s. Le parole di Conte saranno molto dure e faranno il paio con quelle pronunciate oggi da Di Maio quando, per convincere i parlamentari dubbiosi, ha svelato il tenore della conversazione avuta con Matteo Salvini quando il leader della Lega gli ha comunicato le sue intenzioni di chiudere l'esperienza di governo e "tra un mojito e l'altro, ha aperto la crisi da una spiaggia".
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